Ci hanno fatto compagnia e continuano a farcela in questi giorni di forzata permanenza domestica. Sono gli attori, i musicisti, i cantanti, i sovrintendenti, gli scrittori: i rappresentanti di quella cultura che spesso viene degradata ad ultima delle priorità nazionali, ma alla quale ci aggrappiamo tutti nei momenti di difficoltà come questo. Ora con le facce stanche e le barbe lunghe cominciano anche loro a mostrare i primi segni di logoramento: il loro repertorio non solo sta andando in esaurimento, ma appartiene anche ad un tempo, ad una società che non tornerà, probabilmente, più. La loro creatività che si alimenta con l’aggregazione e il contatto sociale sopravvivrà alla forzata interruzione dell’incontro col proprio pubblico? Che cultura ci aspetta dopo questa quarantena di due mesi, considerando che cinema, teatri, sale da concerto e musei saranno tra le ultime attività a poter ricominciare, e già si paventa una loro riapertura per gennaio del prossimo anno? Provano ad immaginarselo sia esponenti del governo che rappresentanti delle singole categorie.
Una piattaforma digitale per la cultura
Non sfugge al ministero presieduto da Dario Franceschini che la cultura, e il turismo che essa alimenta, valgono una buona fetta del nostro PIL e pensare ad una serrata che arriva fino a 2021 spaventa un po’ tutti. La sua proposta, considerando il largo successo raccolto dalle iniziative digitali, e la creatività mostrata, è quella di portare la cultura italiana su una piattaforma a pagamento e renderla così disponibile in tutto il mondo: “Una sorta di Netflix della cultura, che può servire in questa fase di emergenza per offrire i contenuti culturali con un’altra modalità, ma sono convinto che l’offerta online continuerà anche dopo: per esempio, ci sarà chi vorrà seguire la prima della Scala in teatro e chi preferirà farlo, pagando, restando a casa“, senza rischiare sovraffollamenti nei teatri o il mancato rispetto della distanza di sicurezza. Interrogato sulle tempistiche il ministro ha precisato che “è difficile adesso dire quali saranno i tempi. Quello che è certo è che bisognerà adattarsi. Ci sarà una lunga fase di ritorno alla normalità in cui convivere con precauzioni e misure di sicurezza“.
Musica dal vivo
Ad essere particolarmente preoccupati sul mondo che verrà sono i produttori dei grandi concerti di musica rock e pop, come Maurizio Salvatori proprietario della Trident Music società che produce gli eventi live, tra gli altri, di Jovanotti e dei Pinguini Tattici Nucleari. Tutto era pronto per iniziare i tour primaverili nei palazzetti, scaldando i motori per un’estate di concerti negli stadi e invece la prospettiva è di ricominciare esattamente tra un anno: “Alla luce di quello che vedo oggi – afferma in un’intervista – le cose torneranno come prima solo dopo il vaccino: non credo ad una sorta di paura che la gente si porterà dietro, soprattutto i giovani. Il problema sarà semmai economico: quanti soldi ci saranno fra un anno per il superfluo?” La speranza però è che “dopo un anno senza concerti il pubblico avrà voglia di tornare, di ritrovare i suoi momenti di aggregazione e apprezzerà dieci volte di più il nostro lavoro e quello che gli offriremo” conclude Salvatori.
Jacopo Tomatis, musicologo, apre ad una prospettiva diversa, in un lungo articolo in cui immagina il futuro della nostra fruizione musicale, concorda sì che i grandi eventi saranno molto difficili da realizzare, soprattutto per gli ingenti costi da sostenere in tema di sicurezza, ma forse questo potrà dare finalmente spazio ai musicisti locali e ai piccoli concerti, ristabilendo una sorta di equità in un mondo ormai strangolato dalle logiche di profitto delle multinazionali dell’intrattenimento.
Musei
Se la musica dal vivo non sa al momento immaginarsi se non nelle vecchie forme, i musei si stanno invece attrezzando per offrire nuove modalità di fruizione: nel museo Hastings Contemporary, vicino a Bristol in Inghilterra, un robot, connesso in telepresenza porta i visitatori, fino ad un massimo di 5, davanti ai quadri, mentre una guida del museo li introduce ai singoli artefatti. Lo strumento, che è composto da uno schermo di dimensioni di un tablet montato su un sottile palo nero agganciato a due ruote, offre quello che i tour virtuali già presenti in rete non fanno: trasmette al visitatore la sensazione di muoversi fisicamente all’interno del museo. In Italia sono gli Uffizi ad aver per primi sviluppato, grazie ad una tecnologia all’avanguardia, un tour virtuale in 10 sale del museo, minuziosamente riprodotte in ogni singolo dettaglio. Le opere così ‘esposte’ sono in tutto 55 e le sale possono essere viste dall’alto, oppure immergendosi in esse e camminando virtualmente al loro interno, fermandosi davanti ai singoli quadri. Ogni dipinto può essere studiato da vicino e cliccando sulla corrispondente didascalia, appaiono tutte le informazioni essenziali sull’opera, in italiano o in inglese.
Cinema
Che ne sarà infine del cinema? Le piattaforme come Netflix ci hanno abituato già da tempo alla gioia di vedere comodamente dal nostro divano film in anteprima, se non addirittura pensati in esclusiva per la fruizione da casa. Che succederà allora ai film che avrebbero dovuto uscire sul grande schermo in questi mesi? Al momento tutto resta sospeso, ma è evidente che la stessa industria naviga a vista. Così mentre il Festival di Toronto si prepara ad un’edizione sostenuta anche dall’innovazione digitale, per dare “un’offerta al pubblico, sostenere gli autori e i nostri partner e rafforzare l’industria”, Thierry Fremaux, direttore artistico del Festival di Cannes – che avrebbe dovuto tenersi a maggio e che ha già subito un primo slittamento a fine giugno – conferma che “per quanto riguarda Cannes, per la sua anima, la sua storia, la sua efficienza – dar vita ad un festival digitale – è un modello che non funzionerebbe”. La pensa allo stesso modo Alberto Barbera, direttore del Festival di Venezia, che in attesa di capire davanti a quale scenario ci troveremo a settembre afferma “continuiamo a lavorare esattamente come gli anni scorsi”. Sulla base di questa straordinaria convergenza di intenti qualcuno auspica un evento unico che congiunga i due festival: “Sarebbe un segnale straordinario del valore dell’Europa, del valore del cinema per l’Europa. Una lezione per tutti, un modo per approfittare di un anno così terribile – afferma Gianluca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna che prosegue – viviamo un’epoca eccezionale bisognerebbe, quest’anno più che mai, pensare in maniera visionaria”.
La resilienza artistica
Carlo Fuortes, direttore artistico del Teatro dell’Opera di Roma in un’intervista al GR 3 è convinto che le nuove forme artistiche compatibili con le norme di contenimento del Covid-19 le dovranno inventare artisti, governo e operatori culturali insieme: “cercando di usare i vincoli come stimoli creativi. Una forma di resilienza artistica”.
Elisa Rocca
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