La mappa del terrore intorno all’Europa sembra crescere ogmi giorno. I miliziani dell’Isis hanno conquistato ieri Sirte, città della Libia centro settentrionale, e ora guardano alle nostre coste. Sirte dista dal suolo italiano solo 450 chilometri. Un miliziano ha postato sul proprio account Twitter una mappa in cui ha evidenziato che “la distanza tra Roma e Sirte è di 1.250 chilometri, come quella che separa Jeddah e Dammam”, due città saudite. “Un missile scud può arrivare fino in Italia”, ha aggiunto l’utente Qalam hur.
Per il momento la minaccia non è confermata. Il tweet potrebbe essere, infatti, un buco nell’acqua. Ma l’Italia potrebbe effettivamente finire sotto il tiro dei missili libici. “L’Italia sostiene la mediazione dell’Onu – ha detto il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni a Sky Tg24 – ma se non riusciamo nella mediazione, credo che bisogna porsi il problema, con le Nazioni Unite, di fare qualcosa di più”. Il titolare della Farnesina ha fatto sapere che l’Italia è “pronta a combattere, naturalmente nel quadro della legalità internazionale”. “Non possiamo accettare – ha avvertito Gentiloni – che a poche ore di navigazione dall’Italia ci sia una minaccia terroristica attiva”.
L’Isis in Libia ha al momento il controllo di tv e radio locali a Sirte, e ha trasmesso un discorso del suo capo, il califfo Abu Bakr al Baghdadi. Un discorso che è un estratto dal “sermone” con cui Baghdadi annunciava la nascita del Califfato alcuni mesi fa. Da settimane la presenza dell’Is va rafforzandosi in tutta la Libia e in particolare lungo la costa del Mediterraneo. Entro un paio di mesi, secondo l’ex premier libico Ali Zeidan, la fascia costiera del Paese africano potrebbe essere completamente in mano ai jihadisti.
Tanto che l’ambasciata d’Italia a Tripoli ha dato indicazioni ai connazionali di lasciare “subito” il Paese. L’invito è stato spedito dalla sede diplomatica a Tripoli ai connazionali. E potrebbe anticipare la finora solo ipotizzata chiusura della nostra stessa rappresentanza diplomatica. Sono ormai in pochi gli occidentali che si trovano in Libia. In queste settimane per motivi di sicurezza lo stesso personale della nostra ambasciata è stato richiamato a Roma, lasciando a Tripoli l’ambasciatore con i suoi più stretti collaboratori. La situazione libica è stata tratteggiata a tinte forti dal ministro degli Esteri Gentiloni, tutt’altro che ottimista: «Se non si trova una mediazione in Libia, bisogna pensare con le Nazioni unite a fare qualcosa in più. L’Italia è pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale». Il ministero dell’Interno, Angelino Alfano, spinge per un rapido intervento della comunità internazionale: «Senza una rapida mobilitazione generale per la Libia correremo il rischio di vedere installato un califfato islamico alle nostre porte». Sembra quasi un benservito al commissario Onu Leon. Ma pensare a una forza internazionale di «peacekiping» senza trovare prima una intesa con le milizie armate significa rischiare una nuova Somalia.
Ma a rischiare non sono soltanto gli italiani che abitano in Libia. La distanza con il Nord Africa è così basta che basta uno scud per colpirci. A dimostrarlo queste inequivocabili foto, che ritraggono jihadisti armati quasi sfilare in parata per la città. Lo Stato islamico, secondo fonti locali, ha dunque scacciato dalla città i miliziani islamici di Fajr Libia, al potere a Tripoli.
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