Un domani lo si potrebbe ricordare come il derby deciso a 20” dal fischio finale, come il derby dell’uomo nuovo, Klose, come quello della grinta e del dinamismo inesauribile di Brocchi, delle giocate di Hernanes, ma si farebbe un grave torto al vero protagonista di questa stracittadina.
L’uomo-copertina dell’ultimo Lazio-Roma è, senza dubbio, Edy Reja. Per tutto quello che ha dovuto sopportare negli ultimi due anni, da parte dei suoi tifosi, per non parlare della facile ironia di parte avversa. Il tecnico goriziano, non più tardi di tre settimane fa pronto a salutare tutti, aveva scontato più di chiunque altro le scorie che questa partita “regala” a chi perde. Ma, stavolta è lui a festeggiare sotto la sua Curva, con quei tifosi che, forse per la prima volta, ha avvertito come i “suoi” tifosi. E’ l’immagine più bella e di maggior impatto emotivo che ci regala il derby capitolino. E scorre proprio lungo i titoli di coda. Perché fino al 92’40”, la partita non aveva ancora trovato un padrone. E sì che l’inizio era sembrato il prologo dell’ennesima festa giallorossa con Osvaldo, magnificamente imbeccato da Pjanic, ad aprire le marcature dopo soli 5’. La Roma, uscita meglio dai blocchi, sembrava poter gestire da subito i ritmi della gara in attesa dell’occasione propizia per arrotondare e chiudere la contesa anzitempo. La Lazio accusava il colpo e Perrotta sfiorava il raddoppio con una conclusione che si perdeva a lato di un soffio. Josè Angel creava sconquassi sulla corsia di sinistra e Osvaldo era una spina costante, tanto da fallire una comoda opportunità. Nel mezzo solo un tiro di Klose. Ma i biancocelesti, pur giocando molto contratti, chiudevano la prima frazione in avanti. La Lazio, sia pure solo con lanci lunghi, creava subito un paio di palle-gol in avvio, mettendo a nudo la fragilità giallorossa nella zona centrale. Erano le prove generali dell’inversione di rotta. Brocchi, al 6’, sfondava in mezzo al campo e, nell’incrocio con Kjaer, si procurava il contatto che valeva rigore e rosso per il danese. Hernanes trasformava con la sua “paradinha” e l’inerzia della partita mutava completamente. Ora erano i biancocelesti a premere per sfruttare la superiorità numerica. Seguivano dieci minuti di buona Roma che facevano pensare che i giallorossi potessero ammortizzare l’handicap. Ma era solo un momento. La squadra di Reja arrivava con grande facilità al cross e collezionava angoli in serie. Anche le occasioni cominciavano a fioccare con Stekelenbug bravissimo su Klose, con lo stesso tedesco che spediva alto da ottima posizione e, poi, di testa, sfortunato a centrare la traversa. Ma quando anche la Lazio sembrava, ormai, un po’ in debito d’ossigeno, spaventata anche da un’occasionissima di Osvaldo, lesto ad approfittare di uno svarione di Konko, arrivava la folgore di un fin lì anonimo Cisse: palo interno con palla che rientrava in campo ma Klose, pronto a ribadire in rete, scivolava sul più bello. L’ultima emozione? Neanche per sogno. Il neoentrato Matuzalem, nell’ultima azione, gli serviva il pallone giusto che “Miro” insaccava con un piatto di precisione. Fine. Vibranti le proteste romaniste per la direzione di Tagliavento e immensa la felicità in casa laziale con Reja espulso pur di entrare in campo e festeggiare con i suoi. Giusto così. In fondo, era la “sua” notte. Da condividere con la “sua” gente.
Daniele Puppo
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