In un pomeriggio caldo e assolato che avrebbe invitato chiunque ad un bel picnic, i giocatori di Lazio e Samp, più i primi in verità, hanno risposto subito presente. Alla gita fuori porta. Perché i ritmi quelli sono stati. Soprattutto per demerito di una Lazio che, trovato il vantaggio con una deviazione di ginocchio di Floccari su conclusione svirgolata di Klose, si è completamente fermata, preda della tensione più che del caldo. La Samp, pur schierata da Delio Rossi in formazione molto sperimentale con dentro tutti quelli che il campo lo avevano visto poco nel corso della stagione, fa il suo che, al cospetto del poco combinato dai padroni di casa, sembra persino tanto. In realtà, qualche insidia portata dai suoi tiratori da fuori, un paio di begli interventi di Marchetti (ormai, inclusi nel prezzo del biglietto) e una clamorosa traversa di Icardi, a secco da marzo. In casa Lazio, un paio di praterie percorse con due semplici conclusioni in porta mancate da un comunque molto pimpante Floccari (una, fuori nel primo tempo, la seconda sul portiere Da Costa nella ripresa), una da un Candreva migliore in campo per distacco e unico tra i 22 ad avere fiato per correre tutta la partita. Così come bene ha fatto, sull’altra fascia, Lulic, anche se a ritmi meno indiavolati del collega. Poi poco altro fino al finale un po’ convulso con la Samp in forte pressione, la Lazio rintanata dietro a soffrire e Rossini che esce per infortunio e Renan che si fa cacciare per proteste: blucerchiati in 9 e Lazio che riprende finalmente coraggio per affacciarsi in area e viene premiata da un rigore provocato da Gastaldello su Onazi. Dal dischetto, il cucchiaio di Candreva è di una precisione chirurgica e tre punti in tasca. Ma non molti altri motivi per sorridere perché la prestazione è tornata ad essere molto opaca, salvo poche individualità.
Ora, sotto con il Cagliari sul neutro di Trieste, nella speranza di ricevere buone notizie da Milano dove l’implacabile Udinese (sette vittorie di fila e record societario eguagliato) che, però, ieri contro un’Atalanta già salva ha rischiato molto e balbettato altrettanto, è attesa da un’Inter in cerca più che di un autore, di una prova di orgoglio nell’immediato e di una guida tecnica da definire per il futuro (molti danno Stramaccioni confermato, ma nulla è scontato e il tecnico romano ha parlato con toni da ex). La cosa più bella vista nel pomeriggio dell’Olimpico è stato il commovente omaggio che la Curva Nord ha voluto riservare al suo ormai ex giocatore, Christian Brocchi, cinque anni intensi vissuti a Roma (ora tornerà a Milano per allenare gli Allievi regionali del Milan), tormentati nell’ultimo anno per guai persistenti ad un piede e, quando il miracoloso recupero sembrava cosa fatta, l’intervento cattivo e vigliacco di Matuzalem a scrivere la parola fine ad una bella carriera. “Simbolo di grinta e dedizione…Ciao Christian, grande campione”, la dedica della sua curva.
In serata, a S.Siro, doveva esserci un intrigante Milan-Roma con i padroni di casa motivati dalla vittoria della Fiorentina nel lunch match contro il Palermo che ha sancito la retrocessione dei rosanero (a proposito, Zamparini è invitato ad una seria riflessione perché questa caduta in B è addebitabile soprattutto alle sue scelte, dettate più dall’isteria del momento che dalla ragione) e rinnovato le speranze viola di un posto-Champions. E una Roma che, comunque, a Milano aveva sempre fornito belle prove negli ultimi anni. Bene: una partita interessante lo è stata certamente. Ma non di sicuro sul piano tecnico. Per il resto è accaduto veramente di tutto. Botte a non finire con i giocatori di casa, soprattutto, molto carichi, anche troppo. Con un centrocampo (Muntari, Ambrosini, Flamini) molto muscolare. Anche troppo. E con la numerosa rappresentanza giallorossa sugli spalti a fare il 12° in campo, purtroppo. E con la solita litania di “buuu” all’indirizzo di Balotelli (nervoso per tutti i novanta minuti, la sua gara ne è risultata condizionata), si arriva a due decisioni clamorose: prima l’arbitro Rocchi caccia via Muntari che, per sollevare l’attenzione su quanto accade nelle tribune, lo tiene per un braccio, e, poi, a inizio ripresa, è costretto a fermare la gara per 2 minuti. Assurdo. Ma a questa serata da “fiera degli orrori”, sono in molti a voler recitare una parte: Mexès, che a Roma ha lasciato amicizie, anni di carriera e tanti bei ricordi, in pieno recupero, cerca di “placcare” Totti a metà campo. Incomprensibile. E il capitano giallorosso che fa di tutta risposta? Una gomitata ben assestata, seguita da una seconda sbracciata un po’ meno convinta ma molto evidente. Rosso diretto. E non è certo la prima volta che i nervi di Totti saltano. Ingiustificabile. Per finire, alla fiera si è voluto iscrivere anche l’arbitro Rocchi: Constant prende il pallone, è vero, ma poi resta giù e con il piede aggancia Lamela. Era rigore. Non è stata una partita. Con il paradosso di Andreazzoli, unici sorrisi in sala stampa: “La partita l’avevamo preparata bene. Poi, l’espulsione di Muntari mi ha prima fatto piacere ma poi ho capito che ci stava danneggiando perché il Milan, che doveva vincere a tutti i costi ma cercando di farlo in inferiorità numerica, ha giocato a una sorta di ping pong e di gioco se ne è visto poco. Danneggiando anche noi”. Tutto vero. Ma anche inaccettabile. E se non si riescono a trovare le giuste contrarie a una squadra in inferiorità numerica per l’intero secondo tempo, vuol dire che la confusione è grande.
Nota a margine: oltre al Palermo, questa penultima giornata ha decretato la retrocessione matematica anche del Siena, trovatosi al S.Paolo in una situazione imbarazzante. Le residue speranze toscane erano appuntate su due vittorie nelle ultime due partite, ma accompagnati da scivoloni altrui. Bene, alle 15.00, quando è iniziato il match con il Napoli, “altrui”, cioè il Genoa, aveva già giocato. E ottenuto lo scontato pari-salvezza interno con l’Inter. Quindi, Siena in campo sapendo di essere già in B. Complimenti alla programmazione, già ritoccata dopo le sfuriate di Zamparini. Ma complimenti anche ai toscani che hanno onorato l’impegno con una prestazione di assoluto valore.
Altra nota a margine: Il Psg di Carletto Ancelotti è campione di Francia. Detto così e visti i giocatori in rosa, si direbbe la fiera dell’ovvio. Ma non è stato così. Campionato più duro ed equilibrato di quanto non si pensasse alla vigilia. Grande pressione sulle spalle. E ancora dentro i fantasmi del Montpellier di un anno fa. Mentre in Ligue 2, Claudio Ranieri ha condotto il Monaco al ritorno in massima serie dopo due anni di oblio. Chapeau a tutti e due! Male è andata, invece, a Roberto Mancini: la sua esperienza al City è in dirittura d’arrivo. Lo sostituirà il cileno Pellegrini, grande stagione al Malaga e un passato al Real. Fatale, al “mancio”, la finale di FA Cup persa con il modesto Wigan ( in odore di retrocessione). Una delle sorprese più grandi nella storia della più antica competizione del Mondo. Mentre sorprese poche in Spagna, dove il Barcellona ha fatto sua una Liga dominata in lungo e in largo.
D.P.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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