Sono già 61 i Comuni lombardi, comprese le province di Bergamo, Lodi e Cremona dove non sarà possibile avviare allevamenti di animali allo scopo di produrre pellicce, in quanto attività incompatibile con le finalità di tutela ambientale dei Parchi Regionali Fluviali.
Nell’ultima seduta della Comunità del Parco Adda Sud, il Sindaco di Spino d’Adda (CR), Paolo Riccaboni, ha presentato una specifica mozione per l’aggiornamento del Piano Territoriale del Parco con la messa al bando degli allevamenti di animali “da pelliccia”, approvata successivamente a maggioranza. Il divieto si affianca a quello recentemente adottato anche dal Parco del Serio, con una esplicita disposizione nel Piano delle Attività Zootecniche (articolo 15).
“Nonostante alcuni Sindaci abbiano cercato di ostacolare l’approvazione del divieto avanzando argomentazioni a tutela degli agricoltori e del presunto loro diritto di allevare visoni, il divieto è poi stato approvato a maggioranza, facendo prevalere gli interessi della comunità del Parco e dell’ambiente a quelli dei singoli”,
spiega la Lega Anti Vivisezione (LAV) in una nota.
“La LAV ringrazia il Sindaco di Spino d’Adda, Paolo Riccaboni, per questa importante e responsabile azione, e ancora una volta rinnoviamo l’appello ai Senatori della Commissione Sanità e agli Onorevoli della Commissione Agricoltura affinché diano rapido inizio all’iter legislativo per l’approvazione della proposta di legge (S62, C288) che vieterà definitivamente questi allevamenti in tutta Italia” ,
dichiara Simone Pavesi, responsabile LAV Campagna Pellicce.
Oltre al massacro di circa 200 mila animali all’anno come visoni, volpi e molte altre specie, le barbarie inflitte ad essi, lo scuoiamento da vivi, la tosatura effettuata in modi crudi e disumani, l’utilizzo di prodotti in pelliccia animale ha un impatto ambientale almeno 3 volte maggiore di quello causato dai prodotti alternativi in eco-pelliccia, in relazione all’effetto ambientale “eutrofizzazione acque dolci”. È quanto rivela un nuovo studio di Life Cycle Assessment (LCA), commissionato dalla LAV, i cui risultati convalidano quanto già rilevato nel 2011.
I prodotti selezionati per questo studio sono una pelliccia di visone, comparata con un cappotto di pelliccia sintetica (con diverse basi di supporto: cotone, poliestere, lana), e un inserto in pelliccia di visone, comparato con un inserto in pelliccia sintetica. I due aspetti influenti sono la ‘durata della vita’ del prodotto stesso e la ‘manutenzione’ necessaria.
Ed è proprio quest’ultimo parametro che incide in maniera determinante sull’impatto ambientale di un prodotto in pelliccia animale rispetto a uno di pelliccia sintetica. La pelliccia animale, infatti, ha bisogno di una manutenzione specifica, tra cui la conservazione in ambienti protetti da umidità e, a seconda delle condizioni ambientali, anche refrigerati. E questo ha evidenziato le differenze, in alcuni casi enormi.
“La pelliccia animale è causa di sofferenza non solo agli animali ma anche all’ambiente – dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV Campagna Pellicce – Questo ulteriore studio dimostra ancora una volta che prodotti eco-friendly sono solo quelli che rispettano anche gli animali. Le aziende moda dovrebbero tenerne conto preferendo materiali alternativi a quelli di origine animale, in particolare quando ambiscono a costruirsi una immagine socialmente responsabile”.
I consumatori, quindi, hanno un ulteriore motivo per preferire e comprare abiti ed accessori “Fur-free“, ovvero senza pelliccia.
Nata e cresciuta a Roma, si laurea presso l'Accademia di Costume e Moda di Roma, trattando la propria tesi sulla "Nascita e l'evoluzione del giornalismo di moda". Curiosità, determinazione e voglia di crescere professionalmente caratterizzano il mio profilo.
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