«E il settimo giorno, Dio si riposò» (Gen 2,2). Se il Dio dei cristiani, come è scritto nella Bibbia, ultimata la creazione in sei giorni, il successivo si riposò delle fatiche compiute per «tutta l’opera che aveva creata e fatta», anche l’uomo ha diritto a godere di “un periodo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica”, come spiega il regolamento che disciplina l’orario di lavoro da applicare in tutti i settori di attività, sia pubblici che privati (art- 9 D. Lgs. n. 66/03 e successive modifiche).
Se poi lo stesso lavoratore è osservante della legge divina trascritta sulle tavole che Mosè ricevette sul Monte Sinai, i Dieci Comandamenti, conosce bene ciò che prescrive il terzo punto:”Ricordati di santificare le feste”. La domenica quindi, che non a caso si chiama così, dies Domini, proprio in onore del Signore (Es 20,8-10), è un giorno importante per il cristiano che si sente in dovere di ringraziare per quanto ricevuto. E se è vero anche quello che ancora la Sacra Scrittura riporta, ovvero che «il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! » (Mc 2,27-28), il lavoratore che si rifiuti di svolgere il turno domenicale a motivo proprio dell’osservanza dei precetti della Chiesa cattolica (il sabato è il giorno sacro per gli ebrei), non può essere né obbligato al turno, né sanzionato né tanto meno licenziato.
Lo ha chiarito la Cassazione in una recente sentenza (n. 3416/2016 del 22.02.2016), come si legge sul portale laleggepertutti.it. Il lavoratore in questione, nel rifiutarsi di coprire il turno domenicale, aveva dimostrato buona volontà offrendosi di lavorare nei giorni successivi per compensare l’assenza. Nel caso di specie, peraltro, dopo sei giornate consecutive di lavoro, il dipendente aveva invocato anche il sacrosanto diritto al riposo settimanale ( articolo 9, Art. 9 d.lgs. n. 66/2003, già sopra citato). È vero che il codice civile (Art. 2104 cod. civ.) prescrive al lavoratore di “osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende”, tuttavia, secondo la Cassazione, non può ignorarsi il diritto dei dipendenti di astenersi dal lavoro il giorno di domenica, destinato alle pratiche religiose, che connota di particolare rilievo e giustificazione il rifiuto della prestazione proprio in quel giorno così particolare.
Per quanto riguarda il licenziamento, alla luce del comportamento tenuto dal dipendente, non si può ignorare l’atteggiamento da questi assunto prima e dopo la condotta contestata. Per cui, non avendo riportato precedenti sanzioni disciplinari e avendo un comportamento riconosciuto da sempre integerrimo, il lavoratore non può essere licenziato dall’oggi al domani, alla prima violazione delle direttive del datore di lavoro.
Con questa sentenza i giudici hanno inteso valorizzare la precedente richiesta del dipendente di non essere assegnato a turni domenicali per motivi religiosi (esercizio del diritto di culto): una motivazione ritenuta plausibile. In questo caso, possiamo anche dire, ‘provvidenziale’.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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