‘Abissine rigate’: mai sentito parlare di questo formato di pasta? Quasi certamente la conoscono, anzi la conoscevano, in pochi. Perché adesso, da quando uno sbadato consumatore, nella fretta di placare la sua fame di carboidrati ha afferrato in un supermercato un pacco d conchiglie rigate accorgendosi solo più tardi che la denominazione assegnata da ‘La Molisana’ al formato scelto è, appunto, ‘Abissine rigate’, è diventato un caso nazionale.
Artefice della scoperta che stavolta non ha indignato l’ANPI, si chiama Nicola Bertasi. Il 27enne fotografo indipendente che collabora con il quotidiano Il Manifesto e il magazine Alias, da una ricerca sul web scopre che proprio il sito della casa molisana con cento anni di esperienza nel settore e 60 tipi di paste lunghe corte e cortissime prodotte, negli anni Trenta “celebra la stagione del colonialismo” con i formati Tripoline, Bengasine, Assabesi e Abissine.
Le ‘Abissine’ in questione. presenti anche nei cataloghi di molti altri pastifici, sono uno dei tanti tipi di pasta nati nella prima metà del novecento e denominati in omaggio alla cronaca e all’attualità dell’epoca: nello specifico il nome richiama alla conquista dell’Abissinia (poi Etiopia) durante gli Anni Trenta, in pieno fascismo. La scheda-prodotto (come ogni scheda-prodotto sul sito di Molisana) racconta stringatamente storia e vicende del formato in questione, spiega la nascita ai tempi del colonialismo italiano, indica che lo stesso formato – visto il nome dal sapore troppo fascista – all’estero si chiamava diversamente (shells, conchiglie). E infine dà suggerimenti su cottura e ricette.
“La storia dei formati di pasta è, appunto, storia – si legge sul sito del Gambero Rosso -. Di più: è parte del patrimonio culturale e industriale dell’identità italiana e delle sue aziende più riconosciute nel mondo. Alcuni formati di pasta dell’epoca vengono ancora utilizzati oggi e sono in catalogo presso vari pastifici: ci sono le tripoline che richiamano alla conquista della Tripolitania nel 1912 e ci sono le mafalde che omaggiano un importante membro della famiglia Savoia. Avere in catalogo tripoline e mafalde, tuttavia, non significa essere ne colonialisti né nostalgici della monarchia (nessuno in decenni di Repubblica ci ha mai neppure pensato), significa solo continuare a produrre da cent’anni formati storici di pasta secca, che semmai vanno tutelati e protetti, non certo stigmatizzati”.
Quindi, dovremmo tollerare oggi della pasta “di sicuro sapore littorio”? Giammai! Possiamo rassegnarci ai ‘Cazzetti’ o ‘Minchiette’ e alle ‘Fichette’, come anche alle ‘Palle di Toro’, per immaginare il formato dei quali non occorre poi tanta fantasia. Possiamo sopportare le ‘Alci’ svedesi reperibili nel reparto food di Ikea e patire quegli orribili ‘Radiatori’, quando gli storici ‘Fusilli’, presenti nella tradizione meridionale, con la loro arricciatura rappresentano il formato ideale per sughi di ogni genere. Le ‘Abissine’ però sono un’onta da lavare.
L’ex presidente della Camera Laura Boldrini si chiede esterrefatta se la casa molisana si sia resa conto che “non può alludere giocosamente al fascismo e alla sua espressione coloniale, usandoli per il marketing”.
Si indignano su Facebook molti altri utenti che condividono il Boldrini o il Bertasi-pensiero, associando in maniera forzata formati di pasta a ideologie estremiste del secolo scorso. Fino a Niccolò Vecchia, noto giornalista gastronomico, autore e conduttore di Radio Popolare, che sul suo profilo social scrive una reprimenda contro l’azienda, invitandola a scusarsi, minacciando pubblicamente di smettere di comprarla e chiedendole di cambiar nome al formato ‘fascista’ di pasta.
Si potrebbe parlare di inutile polemica, visti i gravi problemi socio-economici e sanitari che l’Italia patisce in questo momento. Intanto il pastificio di Campobasso con pedigree antifascista dal 1943, come certifica l’ANPI (Associazione nazionale partigiani italia), per mettere a tacere ogni polemica – ed evitare boicottaggi annunciati sui social – è corso ai ripari con la seguente dichiarazione:
“Ci scusiamo per il riferimento che ha rievocato in maniera inaccettabile una pagina drammatica della storia. Cancellare l’errore non è possibile, ci impegniamo a revisionare il nome del formato in questione attingendo alla sua forma naturale”.
Ed ora la parola passa alla rossa Coop che da anni sforna le non meno deplorevoli, secondo l’antifascista pensiero, ‘Tripoline’: strano, però, che contro il mega sistema che gestisce una fitta rete di cooperative italiane non sia insorto ancora nessun politico. O, forse, strano poi non è.
Bah
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