La paura fa novanta. E’ solo un modo di dire, molto conosciuto, che ha le sue origini nella Cabala dei sogni, in cui il numero novanta corrisponde alla parola ‘paura’.
Il termine paura identifica una serie di stati di diversa intensità emotiva che si configurano come fisiologici se sono facilmente controllabili e non provocano ad esempio alterazioni del ritmo cardiaco sul quale dover intervenire con un farmaco specifico. Saranno quindi fisiologici il timore, l’apprensione, la preoccupazione, l’inquietudine, l’esitazione fin tanto che l’ansia, il terrore, la fobia o il panico non portino l’individuo ad una alterazione fuori misura.
Che possa essere tenuta a bada o diventi così intensa da non poter essere controllata, il fenomeno della paura procura un senso di forte spiacevolezza.
Ansa.it ha debuttato ieri con una nuova rubrica:“LA PAROLA”. E per cominciare ha preso in considerazione proprio il termine ‘paura’, parola che nelle ultime settimane è stata molto usata anche nel dibattito politico, ma che è stata al centro di una nuova scoperta scientifica, alla quale ha partecipato anche l’Italia. Riportiamo integralmente il testo pubblicato ieri.
(di Enrica Battifoglia)
Essere dominati da una paura incontrollabile: finora si riteneva impossibile che le cose potessero andare in modo diverso, ma una ricerca ha appena dimostrato che nel cervello c’è un interruttore molecolare che permette di controllarla.
La scoperta, nella quale l’Italia ha avuto un ruolo di primo piano, ha portato anche a individuare una nuova fabbrica dei ricordi in una delle strutture ‘primitive’ del cervello che si sono conservate nel corso dell’evoluzione, come l’ipotalamo, mentre finora si credeva che la sede della memoria fossero strutture più evolute, come l’ippocampo.
I risultati gettano così una nuova luce sui meccanismi che controllano i brutti ricordi, quelli legati alla paura, e potrebbero offrire nuovi strumenti per trattare disordini psichiatrici come l’ansia e il disturbo da stress post-traumatico. Esperimenti condotti nei ratti hanno dimostrato che a scatenare le paure sono le stesse cellule nervose dell’ipotalamo che producono il cosiddetto ‘ormone dell’amore’, l’ossitocina. Inseguire queste cellule nervose e osservarne il comportamento ha permesso di vedere che comunicano con la struttura del cervello a forma di mandorla chiamata amigdala, cruciale nell’espressione della paura.
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Gli esperimenti hanno dimostrato che quando le cellule dell’ipotalamo erano stimolate dalla luce attivavano i neuroni l’amigdala, mentre sotto l’azione di sostanze sintetiche li reprimevano.
La conferma è arrivata quando altri esperimenti, sempre sui ratti, hanno dimostrato che gli animali immobilizzati dalla paura hanno ripreso a muoversi normalmente quando sono stati stimolati i neuroni dell’ipotalamo.
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