“Che rabbia questi napoletani! Sempre allegri, ridono ridono e non hanno nemmeno gli occhi per piangere! Saltano i pasti ballando!”
E’ la strega Vesuvia a pronunciare queste parole in ‘Totò Sapore’, il film che vuole raccontare la storia della pizza napoletana. Un contesto fiabesco nel quale però tanti sono i richiami alla realtà.
A cominciare dal riscatto sociale.
Napoli 1758. Totò Sapore è un giovane cantastorie. Sogna di essere un grande chef per dare gioia al popolo anche se il suo stomaco è sempre vuoto. La strega Vesuvia, come ogni entità malefica che si rispetti, odia la felicità altrui. Vuole che muoia in Toto’ e, di conseguenza nel popolo napoletano, la gioia di vivere.
Ma il giovane protagonista schiva tutti i suoi complotti e inventa la pizza, con la quale riesce a dar da mangiare a tutta Napoli. E non solo, riesce anche a riportare la pace tra il suo popolo e la Francia. La pizza piace anche ai signori: i Borboni, si sa, ne furono grandi estimatori. Nel 1808 erano più di cinquanta le pizzerie autorizzate a Napoli.
Non solo riscatto sociale, quindi, ma anche desiderio di trasmettere gioia di vivere.
Sofia Loren nel film di De Sica, ‘L’oro di Napoli’, impasta muovendosi con tutta la sua sensualità partenopea, “alluccando” per richiamare i clienti attratti dal profumo della pizza e dalla sua bellezza. A quale altro mestiere, se non la pizzaiola, poteva pensare De Sica per dare vita a un personaggio carico di tanta esuberanza?
Farina, lievito, pomodoro, ingredienti semplici. Il pane è un alimento che risale al neolitico, il lievito è da attribuirsi all’antico Egitto, il pomodoro al Perù dopo la scoperta dell’America, ma la pizza è napoletana a tutti gli effetti. Pochi, semplici ingredienti trasformati dall’arte dei pizzaioli in qualcosa di unico e inimitabile.
Provate a intervistare un maestro pizzaiolo e vi accorgerete che la pizza non è una cosetta da niente. Solo il capitolo riguardante il forno ci fa capire quanto studio, quanta sapienza ,quanta cura si celano nella realizzazione del capolavoro culinario.
Piano cottura formato da quattro spicchi, un diametro di un metro e venti, sabbia creta e mattone refrattario reperibile solo a S. Maria a Capuavetere o a Moiano. La legna certificata, faggio o quercia priva di solventi. Diavoline per accendere il fuoco? Non sia mai! Insomma, solo la gestione del forno è una questione di alta professionalità e di vera arte. Figuriamoci il resto.
Sorvolando sui lunghi tempi di lievitazione necessari, se si prende tra le mani l’impasto prima di stenderlo inizia a liquefarsi, è tutt’acqua. Per stenderlo bastano tre mosse: lo si tuffa nella farina, pochi secondi di lavoro di polpastrelli e, quando incredibilmente è già stesa, un giro sul dorso della mano ed è pronta.
I dischi di pasta vengono lanciati in aria perché prendano aria. Si inforna. E la pizza “s’abboffa, addiventa ‘nu canotto”, le pizze escono piene d’aria, soffici.
L’Arte dei pizzaioli ha svolto negli anni una funzione culturale e sociale, esprimendo in primo luogo il forte senso di identità dei cittadini napoletani. Il mestiere del pizzaiolo ha dato possibilità di lavoro concreto a tanti giovani, il mestiere è rispettato perché richiede competenze, studio, tradizione. E perché il risultato accontenta tutti i palati.
Ma si può anche aggiungere che l’arte dei pizzaioli trasmette un’atmosfera rilassata e gioviale grazie anche al banco di lavoro, sempre ben in vista, dove il pizzaiolo si esibisce come un mago illusionista.
La pizza napoletana è il settimo tesoro dell’umanità made in Italy che potrebbe essere iscritto nelle liste Unesco. Prima fu l’Opera dei pupi (2008), del Canto a tenore (2008), della dieta mediterranea (2010), dell’Arte del violino a Cremona (2012), delle macchine a spalla per la processione (2013) e della vite ad alberello di Pantelleria (2014).
Il 14 aprile la candidatura de “ L’arte dei Piazzaioli” sarà ufficializzata presso la sede Unesco a Parigi. Questa mossa previene un tentativo che stava nascendo in Usa, dove comunque la Pizza American Style ha oltre cento anni. Un rischio concreto, visto che l’Opera Lirica è stata candidata dalla Cina.
La Pizza napoletana no, non può rischiare di esserci espropriata. Rappresenta l’Italia in tutto il mondo.
Alessandra Caneva
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