L’Australia brucia da settimane. Sembra sia andata in fumo un’area grande oltre 84 mila chilometri quadrati, una superficie superiore a quella di Piemonte, Lombardia, Liguria e Valle d’Aosta messe insieme.
I social e i media su quello che si prefigura come uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi anni, hanno iniziato a far circolare in poco tempo notizie che non sempre hanno avuto riscontro: dall’arresto di circa 200 piromani, alla morte di un miliardo di animali. Anche nella disgrazia chi si compiace di pubblicare fake news non manca mai. Peggio, c’è chi posta notizie fuorvianti a favore del negazionismo climatico: è accaduto negli Stati Uniti, dove il comunicato della polizia del Nuovo Galles del Sud è stato ripreso in maniera sbagliata da alcuni siti vicini all’estrema destra, come Infowars e Breitbart,.
I piromani
L’arresto di una quantità smisurata di incendiari non è vera. Il 7 gennaio il sito di fact-checking statunitense Snopes ha spiegato che cosa non torna in questa storia dei circa 200 piromani arrestati. Delle 183 persone verso le quali «da venerdì 8 novembre 2019 sono state intraprese azioni legali (che vanno da diffide a imputazioni di carattere penale) nei confronti di 183 persone (tra cui 40 minorenni) in relazione a 205 incendi boschivi», 24 persone sono state accusate (e non arrestate) di aver acceso deliberatamente delle fiamme, mentre le rimanenti 159 di non avere rispettato alcune misure di sicurezza, per esempio per aver buttato al suolo delle sigarette non spente. Dunque non si tratta di 200 piromani, ma di una ventina di sospetti piromani e di centinaia di persone che potrebbero aver causato incendi in maniera del tutto accidentale.
Gli animali
Ne sarebbero morti oltre un miliardo. Da dove viene questa cifra? Il 7 gennaio 2020 il Wwf Australia ha pubblicato un comunicato stampa in cui stima che «oltre 1 miliardo e 250 milioni di animali potrebbero essere stati uccisi direttamente o indirettamente dalle fiamme che hanno bruciato 8,4 milioni di ettari in Australia».
Il dato – spiega il Wwf – proviene da alcuni calcoli fatti da Chris Dickman, professore di Biologia alla University of Sydney, basato su alcune stime contenute in un report del 2007 di cui è stato co-autore. Dalla premessa che in un ettaro di terreno del Nuovo Galles del Sud, uno degli Stati australiani, vivano in media 17,5 mammiferi, 20,7 uccelli e 129,5 rettili (sono esclusi dunque dal conto gli invertebrati), Dickman si è limitato a moltiplicare questi numeri per l’area del Nuovo Galles del Sud bruciata in questi giorni ottenendo così il numero di circa 500 milioni di animali (una stima molto «prudente», secondo Dickman). Estesi in seguito questi calcoli agli altri Stati australiani coinvolti, si è arrivati al numero superiore al miliardo.
Sono dati che vanno però sempre presi con le pinze. Per esempio, il numero fa riferimento agli animali coinvolti dagli incendi, e non necessariamente a quelli «uccisi». Esistono infatti diverse specie, soprattutto tra i mammiferi e gli uccelli, che possono fuggire dalle fiamme, anche se è vero che potrebbero aver subito ferite letali nel medio-lungo periodo. Resta dunque molto difficile capire con precisione quali e quante siano ad oggi le vittime degli incendi tra le specie viventi in Australia, ma le stime che parlano di centinaia di milioni di possibili morti non sono prive di fondamento.
La fauna più colpita
Le storie che sono circolate in questi giorni raccontano di migliaia di cammelli abbattuti (per lo più dromedari), accusati di mettere a rischio le riserve d’acqua della zona. Gli aborigeni hanno motivato la loro decisione dicendo anche che i camelidi invadono i centri abitati, mettendo a rischio l’incolumità delle persone. In Australia, cammelli e dromedari sono ormai considerati animali invasivi. A fine 2013, il governo federale australiano aveva pubblicato i risultati ottenuti dall’Australian Feral Camel Management Project, un progetto (finanziato con circa 19 milioni di dollari) che dal 2009 aveva portato all’uccisione di circa 160 mila camelidi selvatici.
A novembre 2019, invece, era circolata la notizia che gli incendi australiani avessero di fatto estinto funzionalmente i koala. Non è così, anche se per il Wwf rimane un animale in pericolo che nei prossimi decenni potrebbe estinguersi se le condizioni di vita dovessero restare le stesse di quelle vissute dalle ultime tre generazioni.
Le foto e i video fuorvianti
Come era già successo per gli incendi in Amazzonia, nelle ultime settimane stanno circolando numerose foto e video sui roghi in Australia, ma non tutte sono veritiere.
Un esempio: l’immagine della bambina con una maschera che tiene in braccio un koala, salvato dagli incendi sullo sfondo, è un fotomontaggio. Addirittura le fiamme sono state ritoccate per renderle più vivide.
Ancora più complesso il caso della foto, ampiamente condivisa dai social, dell’Australia vista dallo spazio e ricoperta per buona parte dai roghi. In realtà la foto in questione non è davvero una foto. L’immagine è un’elaborazione grafica 3D realizzata dal fotografo australiano Anthony Hearsey, che utilizzando il programma Cinema 4D (un software usato per l’animazione e la modellazione tridimensionale) ha rielaborato i dati satellitari della Nasa sugli incendi che hanno colpito l’Australia tra il 5 dicembre 2019 e il 5 gennaio 2020.
Esistono comunque vere immagini satellitari della Nasa che mostrano gli incendi dall’alto. L’effetto visivo è diverso da quello della rielaborazione 3D, ma comunque molto forte.
Altri video fuorvianti, quello di un canguro abbracciato da una persona con un messaggio che dice «questa è una volontaria che ha salvato la vita dell’animale dagli incendi». In realtà, la donna nel video è la giornalista Laura Brown, che l’8 gennaio 2020 ha spiegato sul suo profilo Instagram che il canguro non è stato salvato dalle fiamme. Un altro video molto condiviso sui social mostra invece tre ragazze appiccare un incendio, ma le immagini sono vecchie, del 2018.
Le politiche dell’Australia
Oggetto di critica negli ultimi giorni è stato il governo australiano, a capo del quale c’è il conservatore Scott Morrison del Liberal Party, accusato di essere un «negazionista climatico».
In effetti, nonostante a fine dicembre 2019 il ministro dell’Energia australiano Angus Taylor abbia difeso le politiche ambientali del suo Paese, l’Australia sta facendo ancora troppo poco per limitare gli effetti del riscaldamento globale, che sta creando condizioni sempre più favorevoli per il verificarsi di eventi estremi come i roghi degli ultimi giorni.
Secondo uno studio pubblicato nel 2019 da Climate Analytics, un’organizzazione che fa ricerca sui cambiamenti climatici di origine antropogenica, nel 2017 l’Australia è stata responsabile dell’1,4 per cento delle emissioni di CO2 nel mondo (una cifra bassa dunque, anche se va considerato che la popolazione australiana pesa per lo 0,3 per cento circa sulla popolazione mondiale). Inoltre le politiche approvate nel 2019 dal Paese sono del tutto inconsistenti con gli obiettivi indicati dalla comunità scientifica, anche per quanto riguarda la riduzione del sostegno governativo all’industria del carbone.
(fonte agenzia Agi)
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