“Il primo bicchiere è per la sete; il secondo, per la gioia, il terzo, per il piacere; il quarto, per la follia”. Lo diceva il saggio Apuleio, grande amante dei viaggi, brillante conferenziere e curioso d’ogni scienza, filosofia o culto. Persona, dunque, in grado di apprezzare il piacere di un bicchiere di vino (non dimentichiamo che i romani erano degli intenditori avendo anche una profonda conoscenza dei segreti della coltivazione e della vinificazione), ma al tempo stesso di segnalarne i pericoli. Perché, si sa, alzare il gomito anche di poco, bene non fa né alla salute propria e a quella degli altri che viene messa a rischio da possibili comportamenti alterati da parte di chi ha bevuto.
Ma dove risiede la fonte del desiderio di alcol? Nella nostra testa: è una piccola struttura a forma di mirtillo che si trova in profondità all’interno del lato destro del cervello, secondo gli scienziati dell’Indiana University School of Medicine.
Utilizzando due diversi tipi di tecnologia avanzata di imaging cerebrale (risonanza magnetica funzionale e Pet), i ricercatori Usa hanno confrontato i risultati ottenuti somministrando birra a un gruppo di amanti di questa bevanda, oppure una bibita per sportivi. Dopo aver assaggiato la birra – riporta la rivista ‘Alcoholism: Clinical and Experimental Research’ – i partecipanti hanno riferito un aumento del desiderio di berne ancora (la bevanda sportiva non ha invece provocato questo effetto). E le scansioni del cervello hanno mostrato che il sapore di birra ha indotto una maggiore attività in entrambi i lobi frontali e nello striato ventrale destro del cervello. Si tratta di una struttura profonda all’interno dell’organo principale del nostro sistema nervoso centrale, legata alla motivazione e alla ricompensa. I ricercatori in precedenza avevano dimostrato che il sapore della birra attiva il rilascio di dopamina, neurotrasmettitore che attiva nell’essere umano una serie di funzioni tra le quali l’appagamento e l’umore. Le tecniche di brain imaging hanno invece consentito di verificare che il desiderio di alcol è correlato con queste zone cerebrali, avallando ciò che affermava G.B. Shaw, ovvero che “l’alcol è un anestetico che permette di sopportare l’operazione della vita”. Ovviamente laddove la volontà non aiuti a superare quello che viene percepito come difficoltà.
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