L’amore è un inganno, un dolce inganno. Oggi anche questo sentimento risente della moderna tecnologia che se da un lato facilita i contatti tra le persone, dall’altro ha cambiato i rapporti interpersonali e con loro le regole in amore. Whatsapp, la app di messaggistica mobile che consente di creare gruppi con cui scambiarsi messaggi illimitati, ne è un esempio.A raccontarci cosa accade tra due persone che si sono appena conosciute quando qualche messaggino e due amici ‘pasticcioni’ si interpongono nel loro rapporto nascente è il regista autore e attore romano Maurizio Canforini de “Il dolce inganno dell’amore”, una commedia divertente e romantica, già ospitata al teatro San Luigi Guanella fino al 2 marzo, che nella serata di sabato 22 marzo verrà replicata al Circolo Ufficiale delle Forze Armate a Palazzo Barberini.
Abbiamo voluto incontrare Maurizio Canforini dopo aver assistito alla sua ultima simpatica fatica. Gli abbiamo chiesto come nasce la pièce da lui scritta ed interpretata:
Come le è venuta l’idea di scrivere una commedia di questo tipo, sull’amore ai giorni nostri, al tempo di WhatsApp?
E’ nata per caso. Nel gennaio 2011 sono andato a vedere Gabriele Pignotta al Teatro Italia. Ero privo di ogni aspettativa ma il suo modo di far commedia mi ha talmente appassionato da darmi l’impulso di scriverne una io. Perché whatsapp? Perché ormai è diventato controproducente per gli innamorati, essendo un mezzo che distorce completamente la realtà, fa nascere equivoci, insinuando nella testa tradimenti inesistenti. La comunicazione con gli smartphone sostituisce quella reale, con effetti spesso catastrofici sull’equilibrio di coppia.
Le è capitato personalmente di scoprire un tradimento via whatsapp? Si rispecchia nel suo personaggio?
Non mi è mai capitato, ma conosco persone a cui è successo e mi sono ispirato anche a loro. Il personaggio un po’ mi assomiglia, perché non è esibizionista né sfacciato, ha delle timidezze sue, anzi quando si innamora diventa un imbranato. Certo non mi renderei ridicolo come nella scena dell’Avis, ma di sicuro richiama il mio carattere. Di solito mi fanno interpretare il latin lover, che è lontano anni luce da me e sono contento di essermi calato in un ruolo più affine.
Dall’innamoramento versione 2.0 all’amore in generale, tema cardine non solo delle sue commedie ma anche dei suoi libri. Nei titoli ricorre quasi sempre Roma. Ce ne parla?
Alla città eterna sono molto legato e le ho dedicato numerose pubblicazioni, da Ti porto a Roma (2009), Roma al bacio (2009), Musei di Roma e Un giorno a Roma (2012), Chiese di Roma (2013). A parte il mio libro d’esordio del 2005, “Avrei voluto essere…”, che è un saggio romanzato, ricorre il tema di Roma e della narrativa che è l’altra mia grande passione.
Il suo ultimo progetto editoriale su Roma?
I primi di aprile esce “Roma, amor mio”, una lettera di amore alla città che chiude il ciclo dei libri dedicati. Il testo in origine era stato pensato per il teatro ed io l’ho riadattato. E’una raccolta di tutto ciò che ho vissuto su Roma e contiene aneddoti curiosi che nessuno conosce. Parlo ad esempio di una storia molto romantica legata alla Fornarina di Raffaello.
Per scoprirla non resta che leggere il suo ultimo libro, appassionandosi al gusto del racconto e della Roma che forse davvero nessuno conosce, oppure andandolo a vedere a teatro dove tornerà molto presto.
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