Carlo Tavecchio
“L’Inghilterra individua dei soggetti che giocano se hanno professionalità. Noi invece diciamo che ‘Optì Pobà’ è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così“, le penultime parole famose di Carlo Tavecchio, 71anni, presidente della Lnd (Lega Nazionale Dilettanti) e, soprattutto, candidato forte alla poltrona di presidente della Figc (elezioni l’11 agosto, ndr). Sarebbero seguite, poi, scuse, chiarimenti, una conversazione telefonica-bidone con un finto Luciano Moggi (altro ‘nuovo che avanza’..), ennesimo scherzo de “La Zanzara”, e la manifestazione della volontà di non fare alcun passo indietro: “Le Leghe hanno pienamente confermato il loro sostegno e ciò mi conforta e mi induce a ribadire l’impegno per la piena attuazione del mio programma, dando avvio a forme di lotta contro ogni forma di discriminazione finalmente efficaci“, le ultimissime, rassicuranti (per lui) dichiarazioni del Tavecchio che avanza(va).
L’ironia del web si scatena: Tavecchio e la maglia di Opti Poba
Frase infelice, frase a sfondo razzista, battuta becera o anche tutte e tre le cose assieme visto che l’una ipotesi non necessariamente escluderebbe l’altra?
In Italia, anche sull’onda emotiva delle sonore proteste giunte da tutti i calciofili del Paese che gridavano il proprio vivo sdegno, qualcosina si è cominciato a muovere: la Fiorentina, a mezzo di un comunicato del presidente gigliato Cognigni, aveva annunciato il ritiro del proprio sostegno alla candidatura di Tavecchio. A ruota potrebbero aggiungersi delle non certo entusiaste Sampdoria e Cesena. Andrebbero ad aggiungersi ai dissidenti della prima ora, Roma e Juventus. Il fronte della serie A comincia a scricchiolare. Ma, alla fine della fiera, dovrebbe resistere. Per due motivi: la Lega di A garantisce al candidato un pacchetto di voti che, al netto dei no certi di Fiorentina, Roma e Juve, rappresenta comunque un misero 9%, una goccia nell’oceano dei consensi su cui può contare l’attuale presidente della Lnd, dato , al momento, nettamente davanti al rivale Demetrio Albertini con un 65% atteso rispetto ad un 32% che poco preoccupa. Un diverso scenario si presenterebbe qualora dovesse esserci un’emorragia di voti anche sul fronte della Lega Pro che porta in dote il 17%. In caso di un clamoroso (ma non impossibile) dietrofront di quest’ultima, l’ipotesi del commissariamento diverrebbe non più di scuola. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò (che incontrerà, separatamente, i due candidati giovedì, ndr), annovera tra i suoi poteri, infatti, quello di chiedere alla Giunta il commissariamento della singola federazione ma solo per gravi inadempienze amministrative o per l’impossibilità di svolgere regolarmente l’attività. Questa seconda ipotesi potrebbe configurarsi in caso di infruttuosa votazione nei primi due scrutini (3/4 e 2/3 le rispettive maggioranze richieste) qualora, al terzo scrutinio, nè Tavecchio nè Albertini dovessero raggiungere il 50%+1 dei voti validi. Perchè ciò si verifichi occorre, però, veramente una diaspora di elettori. Scenario difficilissimo anche se non impossibile a verificarsi.
Joseph Blatter
Al di là del dato meramente elettorale, ciò che più ha occupato la stampa nei giorni seguiti all’improvvida sortita di Tavecchio contenuta all’interno del suo discorso-fiume di venerdì a Fiumicino sono state le reazioni della politica e, a stretto giro di posta, anche di Fifa, Uefa e persino dell’Ue e le non reazioni dei dirigenti delle nostre società calcistiche (divisi tra silenzi imbarazzati e poco convinte difese d’ufficio, come quella di Adriano Galliani, uno dei “grandi elettori” del presidente della Lnd). Il Pd, “fortemente irritato“, ha fatto trapelare Graziano Delrio, ha chiesto a viva voce il passo indietro del presidente in pectore: “Frase inaccettabile per il ruolo che è chiamato a ricoprire, in un Paese che ha bisogno di maturare e di crescere e di accettare molte delle sfide culturali che per troppo tempo ha messo da parte. Servono persone pronte ad accettare quelle sfide. Persone che siano d’esempio. Il suo non è, con quella frase, l’esempio che vogliamo“, ha commentato senza usare troppe perifrasi il governatore del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. Sulla stessa lunghezza d’onda il responsabile nazionale Pd per il welfare e la scuola, Davide Faraone, uno dei renziani ‘di ferro’: “Non può fare il presidente della Figc. Sono state svuotate curve e sospese partite per parole così. Non sarebbe credibile“. Anche l’eurodeputato ed ex ministro, Cècile Kyenge ha voluto rincarare la dose: “Le parole sono pietre, possono dar luogo ad episodi di violenza verbale e fisica“. Di avviso molto diverso il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: “Per la nuova Costituzione l’Italia è una Repubblica fondata sul calcio e Renzi occuperà di diritto anche la poltrona di presidente della Figc. E da domani banane vietate per legge in tutti i negozi“. Molto critica con le reazioni del Pd anche la forzista Daniela Santanchè: “La sinistra usa sempre due pesi e due misure, un vizio antico. Strumentalizzare una frase infelice e prontamente chiarita con tanto di scuse significa voler usare ogni arma pur di ingerire in tutti i campi in cui si parla di nomine“. Un autentico ‘scontro’ politico per nulla più pacato di quanto ci viene quotidianamente propinato anche su questioni ben più gravose come le riforme istituzionali.
Adriano Galliani
E i dirigenti del nostro amato pallone?
“E’ la strumentalizzazione di una battuta infelice, priva di qualsiasi connotazione razzista e per la quale il presidente Tavecchio si è prontamente scusato. E che non sia un razzista lo dimostra anche il suo impegno profuso in molte opere di solidarietà, come la costruzione di due ospedali in Togo e in Benin“, il commento di Maurizio Beretta, presidente della Lega di Serie A. Difesa d’ufficio ma dai toni molto meno morbidi, quella di Andrea Abodi, il presidente della Lega di Serie B: “Una frase inaccettabile non rende, per ciò solo, razzisti. Non si faccia demagogia“.
Ma l’enorme eco che la vicenda ha avuto sugli organi d’informazione e all’interno di tutto l’universo social non poteva lasciare indifferenti anche Uefa, Fifa e persino l’Ue, tutte da sempre in prima linea quanto a fair play, soprattutto a parole ( le misure a garanzia del “fair play finanziario” volute da Platini stanno facendo il solletico a Psg, Manchester City, Chelsea, Real e Barcellona che continuano a saccheggiare il meglio del mercato internazionale come nulla fosse, vista l’esiguità delle sanzioni), e alla lotta alle discriminazioni ( con tanto di normativa recepita anche da noi che ha portato alla cervellotica e ambigua enucleazione della fattispecie della “discriminazione territoriale” con le conseguenze che abbiamo visto). Ora, se all’Uefa, (cioè Michel Platini) si preferisce rimanere cauti e non si esprimono, al momento, posizioni ufficiali ( ma un certo imbarazzo e fastidio cominciano a trapelare), la Fifa (cioè Sepp Blatter) ha comunicato ieri di aver inoltrato alla nostra Figc una missiva datata 26 luglio (quindi, subito appresa la notizia dai giornali) con cui Blatter poichè “nel 2013 il Congresso Fifa ha approvato una risoluzione contro il razzismo“, che riguarda tutte le federazioni e ai cui principi devono adeguarsi tutti i dirigenti calcistici “che devono dare l’esempio“, invita la nostra federazione a “fornire chiarimenti su presunti commenti razzisti” entro fine luglio. Ossia, dopodomani. Ora, premesso che non deve esser parso vero a Blatter poter avere l’ennesima opportunità per bacchettarci, vista la ormai nota ‘disistima’ nutrita nei confronti del nostro calcio, è anche da dire che un invito del genere rivolto ad una federazione rappresenta un inedito assoluto e non fornisce un’immagine molto edificante di un movimento già impegnato nella grande traversata del deserto del proprio “anno sottozero”. In sostanza, da maestri di autolesionismo alla ‘Tafazzi’, l’assist a Blatter lo abbiamo servito noi.
Carlo Tavecchio con Claudio Lotito
A ‘bomba esplosa’ non poteva rimaner silente neppure l’Ue: subito dopo la già dura reprimenda di Jeffrey Webb, presidente della Concacaf e a capo della task-force Fifa anti-discriminazione (“La comunità calcistica internazionale è indignata per le parole del vicepresidente della Federcalcio Tavecchio, un anno dopo l’approvazione della risoluzione contro il razzismo. La Figc e la famiglia del calcio meritano una leadership esemplare che sappia guidarla in maniera trasparente…“), Dennis Abbot, portavoce della commissaria allo Sport, Androulla Vassiliou, ha così esposto l’Ue-pensiero sulla vicenda: “L’Ue rispetta l’autonomia delle federazioni ma riconosce che il calcio ha una responsabilità particolare nel combattere il razzismo“. Liberamente traducibile con un: per far passare l’irritazione ai “piani alti” servirà ben altro che tante scuse.
Demetrio Albertini
Che succederà, quindi, l’11 agosto, data di elezioni?
Difficile che il pur notevole vespaio di polemiche sollevatosi in questi giorni possa sovvertire un esito che, prima di venerdì, appariva ovvio e che ora lo è molto meno ma non a sufficienza da far ipotizzare un ribaltone. Tavecchio rimane il chiaro favorito. A meno che il Governo, che non ha, comunque, il potere di commissariare una federazione, si esponga ulteriormente con una robusta operazione di moral suasion.
Ma non è questo il punto. Sui media, il confronto Tavecchio-Albertini viene presentato, non solo ma anche per questioni anagrafiche, come l’eterno duello tra chi vuole la preservazione dello status quo e chi vuole rottamare il ‘vecchio sistema’. Leggendo attentamente i programmi presentati dai due candidati è evidente che delle differenze vi siano ma non così nette da far apporre l’etichetta di ‘grande rivoluzionario’ ad Albertini e di ‘campione della restaurazione’ a Tavecchio. Piuttosto, ed è ciò che più stupisce, ci sono delle storie personali che sono molto diverse: al netto del bruttissimo scivolone verbale del presidente della Lnd e delle più che legittime considerazioni sulla credibilità di un candidato che, qualora eletto, ad ogni decisione in merito alla chiusura o meno di una curva, si vedrebbe sempre restituire come un boomerang la frase sui “mangiabanane” e dell’elementare constatazione per cui non si capisce, francamente, perchè chi si dissocia da certi cori allo stadio debba poi subire la sanzione della chiusura dell’ intero settore in cui ha il posto, pur avendo regolarmente pagato un biglietto o un abbonamento; mentre l’autore di frasi dal contenuto, nella sostanza, non dissimile debba, invece, venir addirittura premiato con la poltrona più importante ed influente del più diffuso Sport nazionale; e al netto delle già trite e ritrite considerazioni sulla corretta qualificazione da attribuire a determinate espressioni (discriminazione razziale, ignoranza, disturbo del giocatore avversario in un’esasperazione del ‘tifo contro’ o semplice becerume), stride proprio la differenza di curriculum vitae tra i due.
I duellanti fianco a fianco
E il Cv del signor Tavecchio presenta più di qualche cono d’ombra: come aveva riportato, ormai più di qualche giorno fa, “Il Fatto Quotidiano” e poi ripreso “Sportweek”, il supplemento settimanale de “La Gazzetta dello Sport”, il candidato favorito alla presidenza della Figc è stato, nell’ordine: condannato a 4 mesi di reclusione nel 1970 per falsità in titolo di credito continuato in concorso; condannato a 2 mesi e 28 giorni di reclusione nel 1994 evasione fiscale e dell’iva; condannato a 3 mesi di reclusione nel 1996 per omissione di versamento di ritenute previdenziali e assicurative; condannato a 3 mesi di reclusione nel 1998 per omissione o falsità in denunce obbligatorie; condannato a 3 mesi di reclusione nel 1998 per abuso d’ufficio per violazione di norme anti-inquinamento. Inoltre, a carico di Tavecchio, risultano multe complessive per oltre 7mila euro.
E tutti i ‘grandi elettori’ (Galliani e Lotito in primis) di Tavecchio ne rerano a conoscenza?
“La mia fedina penale è immacolata. Le ombre cui si riferisce l’articolista sono da tempo note a tutto il movimento calcistico, di cui faccio parte e che mi ha eletto quattro volte alla presidenza della Lnd (la presiede ininterrottamente dal 1999, ndr)”, la replica, anche un pò infastidita del diretto interessato a chi aveva sollevato perplessità appuntate su una condotta non proprio esemplare. Quindi, sì, tutti sapevano ma hanno fatto spallucce. E lo sapevano anche coloro che grandi sponsor di Tavecchio non sono. Ma sono sobbalzati sulla sedia solo ora. Per una frase che, per quanto odiosa, resta pur sempre una frase. Difficile che non lo sapessero anche i politici del Pd, solerti nel salire sul carro del ‘dagli all’untore’ per chiederne la testa. Ma se Tavecchio non avesse parlato di ‘mangiabanane’ sarebbero rimasti tutti zitti. Del resto, non c’è da stupirsi, visto che nel nostro Parlamento siedono personaggi dai Cv ben più inquietanti.
Di fronte, un altro candidato, Demetrio Albertini, che magari non corrisponderà perfettamente all’identikit del ‘perfetto rottamatore’, ma che almeno guai con la giustizia pare non ne abbia mai avuti.
In un Paese appena normale basterebbe questo a scavare un solco tra le due candidature. Anzi, a considerare impresentabile quella di Tavecchio.
Ma è chiaro che l’Italia è tutto fuorchè un Paese normale. Del resto, se si pone un’attenzione quasi ossessiva ai decibel dei ‘buu’ coprendo gli occhi con spesse fette di prosciutto davanti a sedicenti tifosi che allietano le nostre domeniche lanciando coltelli, motorini, sassi dai calcavia all’indirizzo di pullman ospiti o di fronte a curve lasciate in ostaggio ai Genny ‘a carogna di turno (salvo poi scenderci a patti), non si può non riconoscere al Belpaese un tasso di ipocrisia ben oltre i livelli di guardia.
Come dicemmo all’indomani della finale di Coppa Italia dell’Olimpico (non sono trascorsi neanche tre mesi, ndr), si indica la luna e si continua a guardare con straordinaria attenzione al dito.
Ora possiamo continuare a disquisire sull’annoso e avvincente tema del giorno: Tavecchio, un razzista o l’autore di una battuta infelice?
In attesa che menti elevate abbiano la compiacenza di illuminarci al proposito, buone banane a tutti.
Anche questo ‘saluto’ lo utilizzammo dopo Napoli-Fiorentina. Quasi tre mesi e non è cambiato nulla, ma tutto si promette di cambiare. Affinchè nulla cambi.
Vi ricorda un paio di titoli in libreria?
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