Le nostre città sono a misura di abitanti? Sembrerebbe proprio di no, dal momento che anche Sofia e Bucarest battono Roma, Napoli e Palermo in termini di giudizio dei cittadini su trasporti, pulizia e condizione delle strade.
E non va meglio per la casa. Altro che ‘home sweet home’, un incubo più che un sogno per almeno 1,6 milioni di famiglie in affitto sul mercato in difficoltà a sostenere le sole spese per il canone mensile. Per non parlare dei 60.000 sfratti l’anno, praticamente 160 ogni giorno. È quanto emerge dal focus ‘Città, la crisi dell’abitare e la mappa dei disagi’ promosso da Confcooperative Habitat e realizzato in collaborazione con Censis e Confcooperative, presentato questa mattina.
A casa con mamma e papà fino a 34 anni
L’indisponibilità di case in affitto a basso costo insieme alla difficoltà a trovare un lavoro stabile, al protrarsi degli studi, determina la lunga permanenza dei giovani in famiglia. Il 66,4% dei giovani italiani, tra i 18 e i 34 anni, vive ancora con i genitori, con una forte differenza tra le donne (56,9%) e gli uomini (68%), ma soprattutto una consistente differenza con la media europea, che si attesta al 48,1%. Se consideriamo la fascia 25-34 anni scopriamo tristemente che interessa il 49,3% dei giovani.
Ridotte capacità reddituali
La crisi inoltre ha ridotto fortemente le capacità reddituali sia degli under sia degli over 35. “Un disagio economico, sociale, amministrativo. È questo quanto ci consegna il focus Censis. Città che perdono qualità, giovani che non trovano occupazione e non riescono ad affrancarsi dalle famiglie. Una crisi – dice Maurizio Gardini presidente di Confcooperative – che ha punto a fondo e relega ancora ampie fette di paese in un cono di difficoltà economica che genera rancore anche se alcune misure di contrasto alla povertà, a partire dal Reddito di Cittadinanza, dovrebbero favorire un miglioramento nel medio periodo”.
I dati emersi, sottolinea Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat, “sono indicativi di un malessere diffuso nelle nostre città”. Proprio per ridare centralità all’abitare, alla persona, alle relazioni “abbiamo dato vita alla ‘Carta dell’Habitat’ ideata per Confcooperative da Giancarlo Consonni professore emerito di Urbanistica del Politecnico di Milano”. Questi, spiega Maggioni, “i punti distintivi polis, politica e habitat: un legame profondo; promuovere l’arte di abitare; perseguire un nuovo patto tra le generazioni; fare città nell’era delle metropoli; porre l’urbanità al centro delle relazioni; ridare centralità all’abitare; armare la città di convivenza civile; curare la capacità riproduttiva della terra; rafforzare la propensione inclusiva della città; rinnovare l’equilibrio fra dovere e dono con la bellezza civile”.
A Roma solo 9 abitanti su 100 sono soddisfatti della pulizia, a Palermo il 7%
Nessuno in Europa fa peggio. Il disagio sociale fa il paio con quello economico acuito dalla crisi iniziata nel 2009 e ancora non pienamente superata. E così nell’indagine 2016 sulla percezione della qualità della vita svolta presso i cittadini di un panel di città europee Roma, Napoli e Palermo vengono superate quanto a soddisfazione dei cittadini anche da Sofia e Bucarest.
Cresce la voglia di comunità ma si prova disagio ad avere vicino uno straniero
L’abitare e la casa sono, dunque, al centro di una crisi molto forte, una crisi che ha origine nel sempre più difficile accesso al bene casa, specie nelle grandi aree urbane, da parte di segmenti consistenti della società, connotati da una precarietà reddituale e lavorativa. Ma che riguarda anche la bassa qualità dello spazio fisico e dei servizi di tante aree urbane del Paese, da cui deriva una diffusa insoddisfazione da parte dei cittadini. E che tocca i temi della convivenza sociale in una società complessa come quella attuale dove spesso si registrano e si alimentano tensioni piuttosto che lavorare sulle relazioni. È forte il desidero insoddisfatto di comunità (a 4 abitanti su 10 delle grandi città piacerebbe abitare in un quartiere dove le persone si conoscono e si frequentano) ma si prova disagio ad avere come vicino uno straniero. I grandi centri sono sempre meno luoghi adatti a creare legami e sempre più ambienti dove erigere muri o barriere invisibili, ma spesse.
Sviluppo urbano: la necessità di sostenibilità
Infine vi è la dimensione critica quella legata alla trasformazione del territorio e alla dimensione amJ Nel 2007 erano 40 mld di investimenti in nuove costruzioni e 43 mld di euro di investimenti in manutenzione.
Serve tuttavia un salto di scala. In questa direzione ad esempio, la rigenerazione del patrimonio pubblico, potrebbe avere effetti assai rilevanti, se si pensa che la sola Agenzia del Demanio gestisce oltre 30mila fabbricati per un valore di 56,2 miliardi di euro. Un patrimonio immobiliare esteso, diffuso e variegato, il cui anche parziale riuso, legato a nuove funzioni (dall’abitativo, al sociale, al produttivo alle diverse modalità di mix funzionale), avrebbe impatti multidimensionali molto significativi.
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