Negli anni ’60 divennero l’emblema di un movimento, quello della ribellione giovanile ed anche nelle rivolte del ’68 lo scelsero come ‘uniforme’. Con una maglietta bianca e un giubbotto rosso, poi, furono una sorta di manifesto dell’attore James Dean, bello e dannato, morto nel pieno del successo datogli da ‘Gioventù bruciata’, a soli 24 anni.
Nell’era della sostenibilità anche i jeans vogliono fare la loro parte. Ad esempio, due fisici hanno lanciato la sfida ai grandi marchi della moda per riuscire a realizzarli consumando il 60% in meno d’acqua e risparmiando il 40% di energia.
Mentre la Levi’s Strauss, il marchio più famoso e diffuso di jeans, dopo 35 anni è tornata sul mercato azionario di Wall Street ed è stato un successo clamoroso, così come testimonia un articolo de Il Sole 24 Ore: “I jeans Levi’s sbarcano a Wall Street e volano, aprendo a 22,22 dollari per azione, sopra i 17 dollari fissati nell’ipo, un aumento del 32 per cento”, si prevede che il capo di abbigliamento che non conosce crisi, nel 2023 grazie alle vendite raggiungerà i 60,09 miliardi di dollari. E’ un incremento che si tradurrebbe nella vendita annuale di circa 2 miliardi di jeans, con un aumento esponenziale che arriverebbe fino al 12,1% proprio nelle zone più disagiate del mondo, prima fra tutte quella del Sudamerica.
Una crescita talmente enorme che oggi ci si pone anche un problema sulla composizione del denim e sull’ecosostenibilità del jeans.
È stato calcolato infatti che da una balla di cotone si ottengono circa 215 paia di jeans, dunque se è vero che le coltivazioni di cotone coprono 34 milioni di ettari della superficie della terra e, secondo Ethical Consumer (la rivista britannica che dà informazioni sul comportamento sociale, etico e ambientale delle aziende e sulle questioni relative alla giustizia commerciale e al consumo etico) utilizzano il 25% degli insetticidi del mondo e il 10% dei pesticidi, possiamo dedurre che produrre jeans non è sempre sostenibile.
Tant’è che la stessa Ethical Consumer ha studiato una guida online per l’acquisto dei jeans, classificando le varie marche disponibili sul mercato in base alla loro condotta etica, e secondo questa guida le due aziende più rispettose dell’ambiente sarebbero entrambe inglesi: la Howies e la Monkee Soil Association.
Moda fashion = jeans, jeans = ecosostenibilità? Se la prima equazione è riuscita, per la seconda dipenderà anche da noi consumatori e dalle nostre esigenze: abbiamo infatti un’enorme responsabilità e dobbiamo esigere che le aziende di abbigliamento di tutto il mondo si impegnino a fare meglio. Vediamo ogni giorno nuove tecnologie che possono aiutare a migliorare di produzione d’abiti in modo sostenibile. C’è la necessità di educare i coltivatori di cotone sui pericoli che derivano dall’utilizzo eccessivo d’acqua e dell’uso di pesticidi, e fornire loro migliori alternative e modi per liberarsi degli insetti senza utilizzare pesticidi aggressivi. Per i metodi di produzione di jeans, le tinture naturali e le tecnologie laser, sono solo alcune delle idee innovative che le aziende utilizzano per rendere la produzione più sicura per l’ambiente e per i lavoratori.
Quali abitudini cambiare in quanto consumatori per supportare un settore più sostenibile in materia di jeans?
1) Controllare i materiali: cercare di acquistare abiti realizzati in cotone organico (materiale riciclabile o rinnovabile).
2) Trovare un elenco di marchi trasparenti: consultando siti come https://rankabrand.org/ diventa più facile trovare un elenco delle aziende con processi di produzione più eco-sostenibili e utilizzando app come http://www.notmystyle.org/ è possibile spingere i marchi ad essere più trasparenti riguardo alle loro catene di approvvigionamento e indurli a migliorare la vita delle donne e degli uomini che fanno i nostri vestiti.
3) Comprare locale: i vestiti prodotti vicino a dove vengono venduti significano meno CO2 per il trasporto.
4) Lavare il meno possibile! Molte volte, basterebbe metterli fuori a “prendere aria” o eventualmente per una maggiore attenzione all’igiene metterli in freezer per una notte intera (all’interno di un sacchetto di plastica), in modo da uccidere eventuali germi, responsabili spesso anche del cattivo odore.
5) Non buttare via se si rompono – Trasformali in un altro capo d’abbigliamento o donali a qualcuno che potrebbe averne bisogno.
Molte volte ci lamentiamo del mondo che ci circonda, senza riflettere troppo sulle situazioni e senza ricordare che il mondo siamo noi ed è solo cambiando noi stessi che possiamo cambiarlo.
A.B.
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