Non è proprio uno spettacolo edificante quello che in queste ore vede impegnati il presidente del Consiglio Enrico Letta ed il leader del M5S Beppe Grillo.
Non stupiscono le battute al vetriolo che i due si scambiano con amorevole disinvoltura.
Non meraviglia il veleno che si nasconde dietro l’ironia con la quale il rampollo politico, “Nipote” per diritto ereditario, replica a “Capitan Findus”. Quello che lascia di stucco non sono gli anatemi ma il tema nobile della contesa: i soldi, le prebende, la grana più o meno lecita che si prende o si nega, che si vuole o alla quale non si deve rinunciare.
E quando la ragione del contendere è questa, il livello della conversazione non può che essere basso, inesorabilmente limaccioso. E soprattutto incomprensibile per chi, da esecutivo e da chi costituzionalmente ha il dovere di controllare e vigilare sull’operato del governo, si aspetterebbe ben altri confronti.
Al di là delle ragioni più o meno valide, più o meno vere, resta l’amara considerazione che governo ed opposizione si scontrano e si scatenano su temi che sono importantissimi se inseriti in un contesto dove diarie, stipendi, rimborsi e quant’altro vengono valutati in un quadro di terapia d’urto cui sottoporre i costi della politica.
Gli italiani, che scontano gli effetti di una crisi tremenda che non riguarda e non intacca gli interessi sporchi della nomenclatura, da Enrico Letta , dalla maggioranza raccogliticcia che lo sostiene e da Grillo si aspettano leggi chiare e comportamenti consequenziali che riducano sprechi e privilegi, ruberie e malversazioni.
Il Paese vuole che si ponga fine, una volta per tutte, alla strafottenza di una classe politica che vuole continuare sulla strada dell’indecoroso privilegio a dispetto di tutto e di tutti. I segnali che arrivano dal Parlamento però non sono granché positivi.
Forse è presto per dirlo, ma la melina, quell’indomabile e irritante catenaccio che scatta quando si tratta di tagliare i fondi di partiti e amministrazioni locali, è già all’opera. Speriamo di sbagliare. Ma la sensazione, anche alla luce dei duetti da operetta che ci vengono offerti quotidianamente, resta netta e concreta.
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