Abbas Kiarostami, maestro del cinema iraniano, è morto lo scorso 4 luglio a Parigi. È stato regista, sceneggiatore, ma anche poeta, pittore, fotografo. Jean-Luc Godard una volta ha detto: “Il cinema inizia con D.W. Griffith e finisce con Abbas Kiarostami”.
Pubblichiamo un suo ricordo scritto da Saeid Shahparnia, un giovane regista iraniano che vive a Roma da diversi anni.
“Era l’inizio del mio matrimonio, avevo passato tanti di quei guai. Di tutti i tipi, alla fine ero talmente esausto che ho deciso di farmi finire, di liberarmi di questi problemi e basta. Una mattina presto, era buio, mi sono alzato, ho preso la corda e l’ho messa dietro la macchina per andare a farla finita per sempre, per andare a suicidarmi. Ero nelle parti di Mianeh nel ’60, c’era una piantagione di gelsi vicino alla nostra casa. Era buio, ho gettato la corda varie volte ma ogni volta non si agganciava. Ho tirato la corda una volta, niente. Ho tirato la seconda volta, niente, alla terza sono salito e l’ho legata. Ho sentito una cosa sulla mano; un gelso, dolcissimo, il primo l’ho mangiato, ho mangiato pure il secondo e poi ho mangiato anche il terzo. A un certo punto ho visto il cielo che si stava schiarendo, il sole era sorto sopra la montagna. Che bel sole! Che vista! Quanto verde!
A quel punto ho sentito le voci di ragazzi, i ragazzi andavano a scuola. Quando hanno visto che io mangiavo i gelsi, hanno detto scuoti l’albero. Io ho scosso il ramo e loro hanno mangiato. Loro mangiavano e io ero contento. Poi ho scelto un po’ di gelsi e li ho raccolti in una foglia e mi sono presentato a casa con quel regalo. Mia moglie non si era ancora alzata. Ne ho dati un po’ anche a lei. Anche lei li ha mangiati, anche lei li ha gustati. Ero andato a suicidarmi e sono tornato con i gelsi, capito? Mi ha salvato un gelso! un gelso!
-Tu hai mangiato i gelsi, tua moglie ha mangiato i gelsi e tutto risolto?
-Non si è risolto, il mio pensiero è cambiato”…
Questo monologo da “Il sapore della ciliegia” rappresenta benissimo lo sguardo di Kiarostami nei confronti della vita. Uno sguardo che come quello dell’osservazione da un microscopio vede tutti i dettagli “semplici” della vita che, con l’aumentare dell’ingrandimento, mostrano una marea dei momenti difficili ed i rapporti intensi dei e tra i personaggi, veri e pienamente credibili. Kiarostami ci ha insegnato come osservare attorno a noi per imparare a vivere. Ci ha mostrato quanto è importante stare attenti alla natura, agli altri uomini e a guardare con attenzione alle scene del quotidiano, ed ascoltare con attenzione le canzoni e il suono della vita. Così donare affetto e dimostrarlo diventa il nucleo, il tema, centrale del suo cinema. La tematica dell’affetto è molto presente nei suoi film. Possiamo ricordare la figura della simpatica barista in “Copia conforme”, la signora anziana che gestiva il piccolo caffè in “Il vento ci porterà via”, il bambino che svolge i compiti del suo compagno di classe perché, per sbaglio, ne ha preso il quaderno ed è determinato nel riportarglielo a casa a qualsiasi costo nella pellicola “Dov’è la casa del mio amico”. Ancora la figura del professore pensionato in “Qualcuno da amare” che, poi, diventa, per la ragazza ferita, una figura quasi paterna o, ancora, il regista che in “Sotto gli ulivi” scherza con i bambini del paesino andato distrutto dal terremoto.
Questi personaggi sono le persone che con la loro generosità ed affetto, si pongono a confrontano della vita ed è con questo punto di vista che riescono a sortire un effetto positivo sulla vita degli altri.
Potremmo dire che oggigiorno, in cui si convive con lunghi momenti di terrore e sangue, dove le notizie di attentati con la morte di tante persone si susseguono in maniera angosciosa, abbiamo un profondo bisogno di questo “sguardo affettuoso”.
Per terminare riferisco al maestro un altro brano del monologo poetico, sempre tratto dal suo capolavoro “Il sapore della ciliegia”:
“Non vuoi vedere il sole all’alba? Il rosso e il giallo del sole al tramonto, non lo vuoi più vedere? Hai visto la luna? Non vuoi guardare le stelle? Al chiaro di luna, quel cerchio tondo tondo della luna, non lo vuoi più vedere? Vuoi chiudere gli occhi? Tutte queste cose sono da vedere. Dall’altro mondo vengono qui a vedere queste cose e tu vuoi andare all’altro mondo? L’acqua fresca del torrente, non la vuoi più bere? Lavarti il viso con quell’acqua? Vuoi rinunciare al sapore della ciliegia?…”
Grazie, maestro, per tutto questo affetto.
Saeid Shahparnia
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