Il governo libico di Fayez al-Sarraj chiede aiuto alla marina italiana contro i trafficanti di esseri umani. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, a margine dell’incontro di oggi con Sarraj a Palazzo Chigi.
“Lavoriamo contro i trafficanti assieme alle autorità libiche, centrali, locali”, ha detto Gentiloni. “Sarraj mi ha indirizzato alcuni giorni fa una lettera nella quale si chiede al governo italiano un sostegno tecnico con unità navali al contrasto del traffico di esseri umani”. “Questa richiesta – ha aggiunto – può rappresentare un punto di novità molto importante” nella lotta al traffico di migranti.
Gentiloni ha anche detto di aver ricevuto il sostegno della cancelliera federale tedesca Angela Merkel.
“L’incontro di oggi è di particolare importanza”, ha detto il premier italiano, “perché avviene all’indomani di quello di Parigi, che l’Italia si augura produca risultati importanti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi”.
Ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha ospitato Sarraj e il suo principale rivale, il generale Khalifa Haftar, comandante e leader carismatico del governo di Tobruk si sono detti d’accordo sulla necessità di una tregua e di nuove elezioni nel Paese, ma non hanno detto alcunché sulla data dell’eventuale voto.
I leader delle due fazioni libiche non si incontravano in pubblico da maggio scorso, durante una tornata di negoziati (falliti) negli Emirati arabi uniti. Gli analisti non si aspettavano grandi successi e sono stati accontentati: le dichiarazioni congiunte di Parigi non brillano per forza né per concretezza. Resta incoraggiante, in ogni caso, essere riusciti a far sedere Haftar e Sarraj allo stesso tavolo. Leggendo in controluce il comunicato congiunto si intravede una volontà comune di trovare una soluzione politica alla guerra civile, che dura ormai da più di sei anni. Ma d’altra parte occorre ricordare che da quando in Libia è stato rovesciato il regime di Gheddafi, nessuno degli accordi di pace è stato rispettato. Anche perché le milizie che materialmente agiscono sul campo, nella maggioranza dei casi, seguono un’agenda propria, non prendono ordini né dall’uno né dall’altro leader.
C’è un altro segnale da non sottovalutare nel vertice di Parigi: il ruolo di Emmanuel Macron e del suo governo. Il nuovo presidente sembra aver mantenuto la promessa – fatta a maggio, subito dopo aver vinto le elezioni – di cambiare atteggiamento sulla Libia. Vanno in questo senso, ad esempio, le dichiarazioni secondo cui nell’esercito nazionale della Libia che verrà bisognerà trovare anche lo spazio per Haftar e ai suoi.
A sostenere questa linea c’è un peso massimo del governo come il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian. Ma Le Drian aveva già modo di dire la sua sotto la presidenza Hollande, quando era ministro della Difesa. A ben guardare, oltre a sostenere e finanziare il governo libico riconosciuto dalla comunità internazionale, la Francia già in passato aveva lasciato porta aperta al riconoscimento della fazione rivale. L’intervento decisivo di Macron, allora, più che una svolta è un cambio di marcia. La Libia è dietro l’angolo, e i suoi problemi incidono direttamente sulla vita dell’Europa (si pensi al contrabbando, al terrorismo, al traffico di esseri umani): vale la pena di risolverli prima possibile, avrà pensato il nuovo inquilino dell’Eliseo. Il che deve averlo portato a prendere l’iniziativa giocando d’anticipo su tutti. Una strategia che però mette a rischio il ruolo dell’Italia, che ha puntato tutto sulla linea dell’ONU, cioè sostenere il governo Sarraj. Soprattutto se alle trattative diplomatiche seguiranno quelle commerciali, come vuole la tradizione. E così l’ENI, l’unica compagnia petrolifera straniera che ha continuato a lavorare in Libia durante la crisi, si troverebbe nella paradossale condizione di vedere la propria fetta restringersi proprio mentre la torta ricomincia a lievitare.
A complicare ulteriormente il quadro c’è la situazione della Libia meridionale. Una zona desertica di cui si parla pochissimo, ma di grande importanza strategica, perché attraversata dalle rotte di tutti quei traffici che lo Stato disintegrato non riesce più a controllare e a combattere (di nuovo: armi, droga, migranti, foreign fighters). Oltre i confini si trovano le ex colonie francesi dell’Africa occidentale, tuttora sue fedeli alleate. Ma la zona è di interesse primario anche per l’Italia, dove finiscono tante di quelle rotte di cui si diceva poco fa.
Non è detto che tanta attività da parte francese si trasformi per forza in antagonismo. Il governo francese ha negato espressamente di aver voluto escludere l’Italia dal vertice di ieri, e da parte sua il ministro degli Esteri Angelino Alfano non ha protestato. Anzi ha ribadito che l’Italia ha un “rapporto fraterno con la Francia”. Ma ha aggiunto che “ci sono troppi formati aperti in Libia, troppi mediatori, troppe iniziative”, e che gli Stati europei farebbero meglio a unire le forze.
F.M.R.
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