Non accadeva dai tempi dell’unità d’Italia: per la prima volta dal 1861, infatti, le persone che hanno compiuto sessant’anni sono più numerose di quelle che hanno meno di trenta.
“Ecco perché la politica (e la Legge di bilancio) si occupa più dei primi che dei secondi”: lo dice l’Istituto di studi e ricerca Carlo Cattaneo analizzando dati Istat. All’interno della fascia “giovani” è interessante, e doloroso, notare come il blocco generazionale che va da zero a quattordici anni – fino al 1971 il più numeroso dei sei presi i n considerazione – oggi è il penultimo con il 13,3 per cento del totale.
Insidiato da vicino dagli ultrasettantacinquenni. Di più, dal 1991 ad oggi, parliamo quindi degli ultimi ventisette anni, i “giovani” sono diminuiti di 11,2 punti mentre gli “anziani” sono cresciuti del 7,6 per cento. L’età media, invece, è passata da 40 a 45,2 anni.
“Nel 2065 popolazione calerà di 6,5 milioni. Per le donne vita media sopra i 90 anni”: questa invece la proiezione sul futuro demografico del Paese dopo il report delle nascite (reso noto a maggio di quest’anno) riferito al 2017, con un record negativo pari a -183 mila tra nuovi nati e morti. Tra 47 anni i residenti si saranno ridotti di sei milioni e mezzo di unità. Come se le province di Milano, Torino e Bologna sparissero definitivamente.
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