Questa volta dobbiamo essere orgogliosi dell’Italia migliore. Quella delle tavole imbandite di tutti quei sani prodotti nostrani che per la loro genuina bontà si aggiudicano il primato mondiale, oltre quello europeo, della sicurezza alimentare. Parola di Coldiretti. Una garanzia autentica quindi, che deriva dal fatto di produrre il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici bassissimi, quasi infinitesimali, se relazionati al limite “consentito” dello 0, 3 per cento. Possiamo sentirci ancora più soddisfatti per il fatto che le possibili contaminazioni chimiche sono inferiori di cinque volte a quelle della media europea e addirittura di ben ventisei volte a quelle dei prodotti extracomunitari, dove è stata riscontrato un 7,9% di irregolarità. Lo studio alimentare, più che analitico di Coldiretti, ci esorta invece ad evitare il consumo di frutta e verdura proveniente dal lontano paese asiatico. Non è difficile quando si sa che i cavoli cinesi, solo per fare un esempio, in più di quattro casi su cinque (83%) sono risultati oltre i limiti ammessi. Ma come sempre la medaglia ha anche un rovescio.
E il punto dolente di questo nostro “primato alimentare” è rappresentato da un crescente flusso di importazioni di prodotti alimentari dall’estero, spesso a basso costo ma inevitabilmente con minori garanzie. Il tutto assoggettato ad una consolidata logica anti-crisi. Infatti, proprio secondo il rapporto Coldiretti/Eurispes la produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato deriva da materie prime importate, trasformate ed infine vendute con il marchio Made in Italy. Come nel caso della nostra croccante “pagnotta” che viene prodotta con un 60% di frumento tenero importato da paesi oltre confine. Ciò è possibile a causa della mancanza di trasparenza nell’informazione che deriva dai ritardi nell’estendere l’ obbligo dell’etichetta che indica la provenienza degli alimenti. Ad oggi – denuncia la Coldiretti – è indispensabile indicare l’ origine in etichetta per la carne bovina ma non per quella di cavallo, agnello, coniglio o maiale fresco o trasformato in salumi, per il latte fresco ma non per quello a lunga conservazione o i formaggi, per la passata di pomodoro ma non per le il concentrato o i sughi pronti, per la frutta fresca ma non per quella conservata o per i succhi, né tantomeno per il grano impiegato nella pasta. Motivo per cui dove la legge non è ancora arrivata si deve lasciare al consumatore finale la libertà di scegliere cosa portare sulla propria tavola.
F.C.
Napoletano, 44 anni, giornalista professionista con 17 anni di esperienza sia come giornalista che come consulente in comunicazione. Ha scritto di politica ed economia, sia nazionale che locale per diversi giornali napoletani. Da ultimo da direttore responsabile, ha fatto nascere una nuova televcisione locale in Calabria. Come esperto, ha seguito la comunicazione di aziende, consorzi, enti no profit e politici. Da sempre accanito utilizzatore di computer, da anni si interessa di internet e da tempo ne ha intuito le immense potenzialità proprio per l'editoria e l'informazione.
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