Cento, duecentomila persone… Comunque tanti, tantissimi gli italiani perbene che oggi in una piazza San Giovanni stracolma e tranquilla hanno voluto testimoniare che il centrodestra c’è e negare all’esecutivo bis di Giuseppe Conte, qualunque prospettiva di permanenza a Palazzo Chigi .
Con un unico obiettivo ha urlato il leader della Lega Matteo Salvini alla folla: “Quello di tornare al governo. Dalla porta principale”.
Fin qui il messaggio politico esplicitato da una piazza che ha chiesto a gran voce e senza saluti romani che l’Italia vuole, esige risposte. La manovra di connotare in senso estremistico la manifestazione, come avevano preconizzato in maniera imbarazzante, giorni e giorni di battage informativo di molte testate giornalistiche di centro sinistra o pseudo indipendenti, tutte puntualmente filogovernative, Rai in testa, non ha funzionato.
La marea nera con la falange di teste rasate di Casapound, non c’è stata e non certo perché quest’ultima non fosse in grado di chiamare a raccolta qualche migliaio di attivisti per connotare in senso fascista la manifestazione. La verità è che il centrodestra ha scelto la strada della risposta politica. E nessuno si è prestato per fornire elementi utili a quella che ormai purtroppo è pura controinformazione.
Piazza San Giovanni segna un punto a favore dell’opposizione al governo. E questo per almeno tre ragioni.
La prima. Matteo Salvini ha dimostrato di aver superato la sindrome del Papeete e del sole troppo caldo di agosto, quando un eccesso di ottimismo ed ingenuità ha portato alla fine dell’esperienza di governo Lega-Cinquestelle. Il leader della Lega è tornato a parlare il linguaggio che gli è più congeniale, quello dei problemi che affliggono la gente comune e delle scelte da fare per cercare di risolverli: tasse, mancanza di lavoro, sicurezza, migranti, asfissia burocratica.
E sul tema più delicato, quello della pressione tributaria che massacra cittadini e imprese, in gran spolvero nel governo, il Matteo tricolore ha scomodato addirittura Luigi Einaudi ed uno scritto dello statista sul Corriere della Sera nel 1907: su questo drammatico problema l’Italia resta ancora al palo in un contesto di ipocrisia, vergognose vessazioni ed inefficienza imperante.
Seconda considerazione. Salvini e, in maniera più defilata Giorgia Meloni, ritrovano il linguaggio della grande politica con un rilancio sul tema della riforma delle istituzioni attraverso attribuzioni di maggiori poteri al Presidente della Repubblica
Terza considerazione. Aiutato da avversari sempre più divisi e senza idee avvolti da una camicia di Nesso come una legge di bilancio inutile, pasticciata e contestata a trecentosessanta gradi da forze sociali e opposizioni, Salvini, confermatosi unico vero leader del centrodestra, ha avuto buon gioco a dire che Conte e l’alleanza Pd-Cinquestelle “non possono andare da nessuna parte”.
Difficile dargli torto. Ma da cosa nasce tanta sicurezza? La risposta il leader del centrodestra l’ha data direttamente alla folla: “Guardate cosa sta succedendo nella maggioranza …”. E gli assist, nel giorno del tricolore in piazza, arrivano puntuali e micidiali come sempre. Dal fuoco “amico”. Di sinistra.
Il primo siluro è del vecchio leader M5S, Beppe Grillo. In preda al delirio di chi deve esserci anche se non ci sono argomenti, si sbilancia con una proposta al limite del suicidio politico: “Togliamo il voto agli anziani… .Per un Paese di vecchi come il nostro la proposta si presenta come incredibilmente autoironica per lui e offensiva per il resto degli italiani. Non c’è che dire. Le idee cominciano a scarseggiare.
Dalla Leopolda Renzi e i suoi rincarano la dose e agli alleati di governo mandano a dire, attraverso Maria Elena Boschi che “Il Pd è il partito delle tasse”. Una stilettata partita dopo aver fatto filtrare nei palazzi del potere la notizia che la scelta di “Quota cento” in materia di pensioni, per “i vivi” di Matteo rosa pallido era “una ingiustizia. Un grande errore”.
Su tutto e tutti infine l’aria irritata e le dichiarazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte avvelenato dalla richiesta di Di Maio di riconvocare il Consiglio dei ministri per modificare quanto deciso e approvato solo qualche ora prima. “Chi non fa squadra è fuori dalla maggioranza”.
Quanti, oggi, scommetterebbero sulla durata di questo governo? La piazza di San Giovanni una prima risposta l’ha data: I giochi si sono riaperti e per l’esecutivo, l’immediato futuro si presenta tutt’altro che tranquillo. Con o senza saluti romani.
Enzo Cirillo
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