L’Unione europea sta valutando la possibilità di allungare la vita a pasta, riso, sale e altri alimenti abolendo la data di durata minima dalle confezioni. L’idea nasce per contenere il problema della perdite alimentari e dei rifiuti in Europa. La proposta arriva da Olanda e Svezia ma non trova d’accordo tutti. L’Italia, ad esempio, frena attraverso il ministro delle Politiche agroalimentari Maurizio Martina che ai partner europei lancia una sfida:
“Cogliere l’opportunità dell’Expo 2015 a Milano per avanzare su questa importante problematica, in quanto durante quei sei mesi la contraddizione tra spreco e malnutrizione sarà uno dei grandi temi in discussione”.
Intanto il commissario europeo alla sanità, Tonio Borg, ha confermato che “verso la metà di giugno, presenterà insieme al collega all’ambiente, Janez Potocnik, una comunicazione sull’alimentazione sostenibile” dove si parlerà anche della data limite di consumo di alcuni alimenti.
La proposta olandese e svedese, sostenuta da Germania, Lussemburgo, Danimarca e Austria, in concreto chiede di estendere la lista dei prodotti per i quali attualmente non è prevista una scadenza, come sale e aceto, a alimenti secchi come pasta, riso o caffè.
La comunicazione della Commissione, che non è una proposta legislativa, sarà discussa sotto presidenza italiana dell’Ue, a partire dal prossimo primo luglio.
E quindi sarà proprio l’Italia che potrà dare un primo orientamento al dibattito in attesa di una proposta. Martina ne è convinto:
“Non ci pare – dice – che si possa utilizzare una sola leva per aggredire il nodo degli sprechi alimentari. C’è un lavoro di filiera da fare, che interseca il ruolo delle aziende, il ruolo delle istituzioni, i comportamenti dei consumatori. E poi rimane il fatto che per noi qualità e sicurezza sono due punti irrinunciabili. Capisco anche la sensibilità delle organizzazioni agricole italiane che giustamente pongono con prudenza questo tema”.
Per l’Italia quindi, la soluzione contro gli sprechi alimentari, non si risolve discutendo esclusivamente sulla la questione etichetta.
“Bisogna al contrario – conclude il ministro – costruire un piano di interventi, lavorare molto sul fronte prevenzione e anche sulla cultura alimentare.Si tratta di misure a livello europeo che dovrebbero essere discusse nell’ottica di una politica contro lo spreco di cibo”.
Secondo l’associazione di categoria Germania (HDE) potrebbero essere modificate le confezioni con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” in modo che in futuro non sarà più presente per il tè, caffè, riso, pasta secca e formaggi a pasta dura.
Spesso il cibo sarebbe “semplicemente buttato per incertezza”, perché molti consumatori sono confusi tra data confezionamento e data di scadenza.
Uno studio ha rilevato che ogni cittadino getta circa 82 chilogrammi di cibo nella spazzatura, che corrisponde a due carrelli a pieno carico. Gran parte dei prodotti finiscono tra i rifiuti perché riportano la data di scadenza scaduta, anche se il cibo è ancora commestibile.
La data di durata minima (MHD) è richiesta dalla legge in Germania da oltre 30 anni. Indica la data fino alla quale almeno il cibo in confezione si mantiene integro e correttamente conservato, preservando le sue proprietà specifiche quali il sapore, l’odore, il colore, la consistenza e il valore nutritivo.
Quindi non vi è alcuna data di scadenza, ma solo la garanzia del produttore per specifiche caratteristiche di qualità. Mentre in Germania, quindi, la posizione del governo è quella di contribuire alla giusta lotta alla riduzione degli sprechi, in Italia, non è dato sapere cosa ne pensa l’esecutivo che al contrario di quello teutonico non ha espresso quale politica intende perseverare. Ma per il nostro Paese può essere l’occasione di una nuova battaglia in sede europea equa, all’insegna – secondo quanto espresso dal ministro Martina – di quella prudenza che in campo agroalimentare non è mai troppa, perché contempla la tutela della salute dei consumatori garantendo allo stesso tempo chi produce rispettando le regole.
Sulla possibilità di abolire la data di scadenza dalle confezioni Coldiretti precisa in una nota che:
“si tratta del solito tentativo dei Paesi del Nord Europa di livellare il cibo sulle tavole europee ad uno standard di qualità inferiore al nostro con la scusa di tagliare gli sprechi alimentari”.
L’etichetta “da consumarsi preferibilmente entro”, sottolinea Coldiretti:
“indica soltanto la finestra temporale entro la quale si conservano le caratteristiche organolettiche e gustative, o nutrizionali, di un alimento, senza con questo comportare rischi per la salute in caso di superamento seppur limitato della stessa”.
L’associazione, su dati Gfk Eurisko, ricorda peraltro che il 73% degli italiani, proprio per via della crisi, ha tagliato gli sprechi a tavole nel 2013, e oggi appena il 36% dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità dei prodotti scaduti prima di buttarli.
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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