Emmanuel Macron è stato eletto presidente della Repubblica in Francia. Il candidato europeista ha vinto il ballottaggio contro Marine Le Pen, del Front National, con il 66,06% dei voti.
Rispettate le previsioni della vigilia, che vedevano fra i due candidati almeno una ventina di punti percentuali. Macron ha ottenuto poco più di 20 milioni di voti, la sua rivale poco più della metà.
Il ballottaggio ha fatto segnare percentuali record di astensioni (25%, un risultato che non si raggiungeva dal 1969) e di schede bianche (12%, record assoluto).
Macron ha tenuto due discorsi di ringraziamento: il primo rivolto alla nazione, in diretta tv, preceduto da un fuori onda imprevisto (durante il quale non ha detto niente di imbarazzante); il secondo davanti ai suoi sostenitori, nella piazza del Louvre, accompagnato dalla moglie Brigitte e dalla famiglia.
Al Louvre il neopresidente è arrivato sulle note della nona sinfonia di Beethoven, l’inno dell’Unione Europea. “Stasera la Francia ha vinto”, ha detto ai suoi: “Chi diceva ‘non è possibile’ non conosce la Francia”.
Macron ha voluto esprimere un pensiero per la rivale sconfitta, e per “la rabbia e la collera” di chi l’ha votata, una reazione che “va ascoltata”. Poi ha aggiunto: “Farò di tutto affinché nei prossimi anni non ci sia nessun motivo per votare per gli estremi”. “La Francia e il mondo si aspettano da noi la difesa dello spirito dei Lumi, ovunque”.
Vi servirò in nome del nostro motto: Libertà, Eguaglianza, Fraternità, vi servirò sulla base della fiducia che mi avete attribuito, vi servirò con amore, viva la Repubblica, viva la Francia.
Marine Le Pen era stata rapida a riconoscere la sconfitta: ha telefonato a Macron subito dopo la chiusura dei seggi. Ha ottenuto la maggioranza dei consensi solo in due dipartimenti, l’Aisne e il Pas-de-Calais, nel nord del Paese. Il suo è comunque il miglior risultato mai ottenuto da un candidato del FN alle presidenziali: suo padre Jean-Marie Le Pen aveva superato il primo turno nel 2002, ma al ballottaggio Jacques Chirac aveva vinto in tutti i dipartimenti.
“Ho telefonato a Macron per congratularmi”, ha spiegato nel breve discorso ai suoi sostenitori. “I francesi hanno scelto la continuità”, ma il suo 34% resta “un risultato storico” che “pone il fronte patriottico come prima forza di opposizione”.
Emmanuel Macron è l’ottavo presidente della Quinta repubblica francese, quella figlia di Charles de Gaulle e della Costituzione del 1958. Si insedierà all’Eliseo domenica prossima. Succede al socialista François Hollande, un presidente impopolare, che – per la prima volta nella Quinta repubblica – ha rinunciato a ricandidarsi alle presidenziali. Ha 39 anni: è il presidente più giovane nella storia della Francia. A detenere il primato finora era Luigi Napoleone Bonaparte, eletto a quarant’anni nel 1848, meglio noto con il nome che si diede quando si proclamò imperatore: Napoleone III.
Stamattina ha accompagnato il suo predecessore all’Arco di Trionfo per l’omaggio al milite ignoto, il suo primo impegno da presidente eletto. La sua prima visita all’estero sarà a Berlino, esattamente come aveva fatto Hollande cinque anni fa.
Figlio di due medici, Macron è nato ad Amiens, in Piccardia, a nord di Parigi. Dopo il liceo nella sua città natale – dove ha conosciuto la professoressa di lettere che poi sarebbe diventata sua moglie – ha studiato nelle Grandes écoles più prestigiose della capitale, l’istituto di studi politici (SciencesPo) e l’École nationale d’administration (ENA, spostato qualche anno dopo a Strasburgo). La sua carriera è stata rapida: subito dopo gli studi ha iniziato a lavorare per la banca Rothschild & Cie e nel corpo di ispezione generale delle finanze.
A 24 anni entra nel partito socialista e diventa un fedelissimo di Hollande, che appoggia alle primarie del centrosinistra del 2011, anche prima che lo scandalo Sofitel tolga di mezzo la concorrenza di Dominique Strauss-Kahn. Salito all’Eliseo, Hollande lo ha nominato prima vice-segretario generale della presidenza della repubblica, poi – nel 2014, in occasione di un rimpasto nel governo di Manuel Valls – ministro dell’economia. Nel 2015 dichiara di non avere più la tessera socialista e di considerarsi indipendente.
Dopo aver detto di voler sostenere un’eventuale ricandidatura di Hollande (che come si è detto ha rinunciato), nell’aprile 2016 fonda un movimento politico personale, che chiama En Marche!, “in marcia!”, con le stesse iniziali del suo nome. Rifiuta di partecipare alle primarie del centrosinistra – dove Valls perde clamorosamente contro un candidato considerato non di primo piano, Benoît Hamon, liquidato alle presidenziali con un misero 6,4% – e raccoglie il sostegno di François Bayrou, il leader centrista abituato a fare da ago della bilancia nell’alternanza fra centrodestra e centrosinistra.
A suo favore ha giocato anche la fortuna. La sua vittoria è stata anche la sconfitta di due progetti politici: la sinistra, spaccata fra un partito socialista in crisi d’identità e le tentazioni estremiste incarnate da Jean-Luc Mélenchon, e il centrodestra républicain, affondato dagli scandali sorti intorno a François Fillon. Tutto questo ha lasciato campo libero a due outsider carismatici come lui e la Le Pen.
Alle primarie Macron era arrivato primo con il 23,75% dei consensi, con poco più di due punti di vantaggio sulla leader del FN.
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