La maternità non può essere trattata in termini mera pubblicità. Un nascituro, invece, può sbrigativamente essere eliminato se chi lo ha concepito non gode delle condizioni idonee a portare avanti la gravidanza.
Nei giorni scorsi sotto le potenti luci dei riflettori è finita la campagna promossa da CitizeGo e sintetizzata su un grande poster con tutte le sfumature del grigio fino al nero, dove la scritta bianca recita così:
“L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo” , firmato #stopaborto.
La campagna di sensibilizzazione di CitizenGO Italia in occasione dei 40 anni dalla Legge 194, è partita da Roma. E a Roma è stata subito stoppata dalla sindaca della Capitale, Virginia Raggi, sollecitata da una rete femminista. Ecco quindi una nuova ingerenza di RomaCapitale – esattamente come nel caso precedente del manifesto dell’associazione Pro-Vita di Antonello Brandi – che martedì sera ha notificato la “diffida” alla società concessionaria per la rimozione della campagna #stopaborto di CitizenGO, appellandosi al comma 2 dell’art.12 del Regolamento della Pubblicità, che cita “È vietata l’esposizione pubblicitaria il cui contenuto sia lesivo del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili…”.
“Un articolo che, per come è posto, mette in mano all’Amministrazione Comunale uno strumento di censura a tutti gli effetti”, ha commentato in una nota CitizenGO, che invita tutti i cittadini «indignati per questo scandalo ad essere presenti alla Marcia per la vita sabato 19 maggio a Roma (Piazza della Repubblica ore 15)».
Arriva invece oggi il pronunciamento del garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Liguria Francesco Lalla, sollecitato a esprimersi sul grande manifesto anti-aborto comparso qualche giorno fa su un muro in corso Buenos Aires, nel centro di Genova. Il poster è quello dell’Associazione Pro-Vita, affisso sulla parere esterna di uno stabile di via Gregorio VII a Roma. Mostra l’immagine di un feto con la scritta “Tu eri così a 11 settimane, se oggi sei qui è perché tua madre non ti ha abortito”.
“Chiunque abbia sensibilità sa che una problematica quale la maternità non può essere trattata in termini di mera pubblicità o di sollecitazione a posizioni radicalmente contrastanti, ma va trattata – spiega Lalla, interpellato sulla questione da alcuni partiti di centrosinistra – con la profondità e insieme la delicatezza che il tema richiede. Non introducendo voci narranti rivolte a soggetti, i bambini, che sono impegnati con se stessi nella propria crescita”. Francesco Lalla avanza alcune perplessità sulla qualità del messaggio del manifesto: “A un’eventuale domanda del bambino i genitori sapranno rispondere senza imbarazzo, con fierezza, di aver messo al mondo il piccolo o con eventuale senso di colpa? Ho qualche dubbio al proposito”, scrive. Secondo il garante, inoltre, i toni del poster rischiano di contrastare con la legislazione internazionale: “Questa specificità è incomprensibile al minore, dannosa nel suo stadio di crescita, quasi una interferenza arbitraria in questo senso vietata ai sensi dell’art. 16 della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia, ratificata in Italia nel 1991”. Il Garante, infine, auspica che le istituzioni promuovano azioni concrete a sostegno della maternità.
A.B.
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