Ha vinto la protesta di chi, nell’intesa Pd-Pdl per mandare Franco Marini al Quirinale ed aprire la strada ad un governissimo inciuciato, ha visto quello che Renzi ha definito giustamente come “un dispetto al paese”. Il no dei grandi elettori all’ex segretario generale della Cisl, nonché ex presidente del Senato, apre scenari importanti per il quadro politico istituzionale. Ma intanto va detto che ad uscire tritata da questa prima votazione di Montecitorio è la linea del segretario del Pd Pierluigi Bersani: le sue scelte e la rimessa in gioco di Berlusconi non convince e soprattutto non paga. E così, dopo gli schiaffi dei no di Grillo per un governo con il Pd, sono arrivati stamani i ceffoni di chi dovrà eleggere il successore di Napolitano. La minestra riscaldata del vecchio democristiano reduce della prima repubblica non è piaciuta a nessuno e su quel nome non poteva esserci aggregazione perché quel nome non portava con se nessuna conseguenza strategica per il futuro del Paese. L’assemblea del Capranica e le urla dei militanti fuori del cinema ieri sera erano stati illuminanti. L’accordo Bersani-Berlusconi è stato interpretato da molti come la consegna di un passaporto taroccato per un governissimo che, prima ancora che nei numeri, non c’era e non c’è nelle teste degli italiani che alle urne hanno affidato un chiaro mandato di cambiamento radicale, profondo ed onesto, che mettesse fine ad un vecchio modo di fare politica. Una realtà che ha fatto dire al leader di M5S: “Qualcuno spieghi a Bersani che l’Italia è cambiata che non vuole più accordi sottobanco con lo psiconano”. Ma il dramma vero, in queste ore, si sta consumando all’interno del Pd e della sinistra più in generale. La mancata elezione di Marini sarà ricordata negli anni come il giorno in cui morì definitivamente ciò che restava del vecchio partito comunista e della sua centralità democratica. La bocciatura di Marini e Bersani resterà nelle menti di chi vota a sinistra come la pericolossima vicenda in cui le scelte di un segretario ostinato e confuso avrebbero potuto provocare quasi sicuramente una dolorosa quanto inevitabile scissione del Pd (ipotesi peraltro non del tutto tramontata, visto che la partita per il Quirinale resta ancora aperta). Nell’attesa che i prossimi scrutinii ci dicano se e cosa dovranno attendersi gli italiani anche in termini di nuovo governo i riflettori adesso si spostano su quello che il primo scrutinio per il nuovo Quirinale ha incorniciato come il tramonto dell’esperienza politica di Gianluigi Bersani.
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