Il sindaco Ignazio Marino
Il sindaco “ciclista” di Roma, Ignazio Marino, ancora nella bufera. Di per sè non una notizia, come sanno tristemente tutti i cittadini della Capitale, ma stavolta la vicenda ha il grottesco sapore del paradosso: ad inguaiare il primo cittadino, infatti, è proprio un’automobile. La sua. La Panda rossa di Marino, infatti, parcheggiata da più di un anno (e fino al 30 ottobre scorso quando il Prefetto ha revocato il permesso per “motivi di sicurezza”) nell’area riservata ai senatori risulta esser stata “pizzicata” per ben dieci volte in transito nella Ztl (zona a traffico limitato) con il pass scaduto. Infrazioni da 80 euro ciascuna, per un totale di 640 euro. Due multe risultano pagate (ma c’è chi dice una sola), otto no. Un semplice ritardo nella notifica delle contravvenzioni? Una versione che non deve aver convinto il senatore di Ncd, Andrea Augello, che già il 5 novembre scorso ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno, Angelino Alfano, proprio per vederci più chiaro. Per il senatore, infatti, le contravvenzioni sarebbero state “sospese con un codice di solito utilizzato in caso di ricorso al Prefetto o al Giudice di Pace“. Cosa altamente improbabile, peraltro, perchè “il sindaco di Roma si sarebbe così posto in una posizione di incompatibilità con il proprio mandato ai sensi dell’art. 63, comma 1, punto 4, del Testo Unico degli Enti Locali“, ha ulteriormente precisato Augello. La sanzione prevista per i casi di incompatibilità è, infatti, la decadenza dalla carica per chi concorre alla poltrona di primo cittadino. Marino non avrebbe, quindi, presentato alcun ricorso nè avrebbe potuto farlo non potendo avere liti pendenti neppure di carattere amministrativo, circostanza, peraltro, confermata dal suo stesso portavoce (“No, non ne ha mai fatti“), Guido Schwarz, e come verificato anche dalla stessa Prefettura. Rimane in piedi, quindi, l’ipotesi certamente più imbarazzante per il sindaco della Capitale: un intervento d’ufficio della sua stessa amministrazione. Un’ipotesi ventilata senza neppure troppi giri di parole dallo stesso Augello che, nell’interrogazione, afferma esplicitamente che: “Non rimane quindi l’ipotesi che le contravvenzioni siano state bloiccate ‘d’ufficio’ direttamente dall’amministrazione comunale, sanado i due mesi di mancato rinnovo del permesso come se si trattasse di un errore del Comune di Roma e non di una ritardata richiesta del titolo da parte del beneficiario“, conclude il senatore Ncd.
La Panda rossa in Senato
Qual’è la replica di Ignazio Marino e del suo entourage? “L’iter di rinnovo del permesso di accesso alla Ztl ha subito un ritardo amministrativo“, la spiegazione del portavoce del sindaco, Guido Schwarz, che cita una nota redatta dal direttore del Dipartimento Entrate, già capo dell’Ufficio contravvenzioni, “per cui l’Agenzia della Mobilità ha rilasciato al sibdaco un permesso temporaneo che è registrato in una white list. Una lista bianca che però non viene rilevata dalle telecamere a presidio dei varchi. Dunque non c’è stata nessna violazione da parte della Panda rossa di Marino“. Sarà. Ben più articolata, invece, la versione offerta dall’Ufficio contravvenzioni per il quale il “buco” nel permesso dell’auto sarebbe stato generato dal mancato aggiornamento dell’autorizzazione per la Ztl che, in automatico (?), doveva esser rinnovato di un anno sino al 24 giugno 2015. In caso di errore, fanno sapere dall’Ufficio, il “cervellone” trasferisce ( e sempre in automatico, ci mancherebbe) i dati del multato in una sorta di lista d’attesa (sarà, per caso, la famigerata white list?) trasformando il tutto in ricorsi alla prefettura. Peccato che tali ricorsi non sembrino esistere e, se lo fossero, manderebbero a casa il sindaco. Peccato che di questo automatismo nella “trasformazione” non esistano riscontri. Ma, fatto ancor più sconcertante, si dovrebbe convenire che il “cervellone” in questione sia in grado di correggersi da sè e di operare, in automatico ovviamente, tutta una serie di operazioni di assimilazione a ricorsi. Un gran bel “cervellone”, non c’è che dire.
Ma c’è di più: risulterebbero anche ben 35 verbali contestati al sindaco tra il 2012 e il 2013 quando Marino era ancora senatore. E, udite udite, sarebbero stati tutti appellati al Prefetto o al Giudice di Pace. Ovvio che, a questo punto, se dovesse emergere che questi ricorsi non erano stati tutti già decisi al momento dell’elezione di Marino (si parla di giugno 2013), la decadenza diverrebbe ben più di un’ipotesi.
Ma, tornando alla vicenda di queste ultime otto multe non pagate (“imboscate” si dice da più parti), la domanda che ci si pone è: credere o meno alle ardite versioni fornite da portavoce e Ufficio contravvenzioni? Siamo garantisti e perciò, in assenza di prove certe, proviamo a credergli. Intanto, però, da bravi cittadini, continuiamo a pagare: un permesso in Ztl dagli importi triplicati e un parcometro portato da 1 euro a 1,50…
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