“Povera Roma mia…” direbbe il grandissimo Trilussa, innamorato poeta e interprete di questa dolente, ma sempre viva Città eterna. Mercoledi e giovedi, Roma è stata messa di nuovo a sacco da barbari e Lanzichenecchi ubriachi, stavolta olandesi. Fa fatica capire e immaginare le ragioni folli che possono spingere delinquenti travestiti da tifosi in preda all’alcol, distruggere monumenti e violentare moralmente e fisicamente una città unica al mondo. Cosi come si fa fatica a capire ed immaginare perchè la Capitale debba avere ai propri vertici amministrativi e istituzionali personaggi come il sindaco Ignazio Marino ed il prefetto Giuseppe Pecoraro.
Perchè questa premessa? La risposta è semplice: quanto accaduto a Roma non è il frutto velenoso di fatti casuali ed imprevedibili, ma è l’effetto e la conseguenza di situazioni che i vertici cittadini non hanno saputo nè voluto anticipare sul piano della sicurezza come della tutela dei romani e dei loro beni culturali. Fallita la doverosa azione di prevenzione, complice il sindaco e la polizia municipale che dovevano vietare drasticamente l’accesso al centro storico, il resto lo hanno fatto il prefetto Pecorraro e la catena di comando della questura della Capitale, che al momento del crash non hanno saputo gestire l’emergenza, evitando anzi di intervenire e lasciando campo libero ai barbari tulipani.
Detto questo, vediamo perchè lo scempio cui abbiamo assistito non poteva essere evitato. La verità difficile (soprattutto per chi, questi due signori li ha messi dove stanno) è che stiamo parlando di due totali incapaci che nessuno ha voluto rinuovere neppure di fronte ai casini, i fallimenti e le disatrose scelte fatte sia in sede amministrativa che sul piano dell’ordine pubblico. Premesso che Giuseppe Pecoraro ricopre il delicato incarico di prefetto governativo con pieni poteri, dal novembre del 2008, c’è da dire che l’uomo non ha mai brillato per risultati. Anzi ha dato sempre l’idea di muoversi come un timorato di Dio, incapace di vedere le voragini che sul piano del contrasto alla delinquenza organizzata si aprivano nella città eterna. Lui “la Roma di mezzo” e la cupola politico mafiosa bipartisan, che controllava tutto e tutti con l’unico obiettivo dell’arricchimento tanto facile quanto illecito, l’ha scoperta dai giornali. Quando il Procuratore generale Giuseppe Pignatone ha deciso di aprire il vaso di pandora del malaffare poltico affaristico che di fatto controllava la città.
Peggio, finito nelle intercettazioni dei carabinieri per aver raccomandato e chiesto favori all’uomo più potente della Cupola mafiosa Salvatore Buzzi, il re delle cooperative e del malaffare rosso-nero, se la cava (si fa per dire) dicendo che quella raccomandazione l’aveva fatta su pressione dell’ex sottosgretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Lascio ogni considerazione a chi legge ma la sostanza è bene ribadirla in maniera chiara. Non solo il prefetto non si era accorto di quanto accadeva sotto i suoi occhi (cosa difficile se non impossibile a credersi) ma, peggio, contribuiva ad alimentare i meccanismi perversi del malaffare che penalizzava gli onesti per favorire i farabutti. Salvo poi cavarsela con una vile scrollata di spalle quando, coinvolto nell’inchiesta su Roma-mafia, in buona sostanza dice: “L’ho fatto perchè la scelta della disonestà non è mia ma della politica”.
Meno male che ad aprile andrà via, in pensione. Questa uscita dovrebbe evitare, si spera, nuovi oltraggi alla nostra città squassata da disorganizzazione e demagogia.
Veniamo a Marino, il sindaco, l’uomo che ritiene che tutti i problemi e i drammi della Capitale (la tragedia della casa, dell’occupazione, della sporcizia, dei trasporti municipalizzati del controllo della criminalità e quant’altro) siano da ricondurre tutti ad un solo capitolo: quello delle unioni gay e della gestione sciagurata dei rom e delle baraccopoli, piccole piccolissime e grandi, che ormai, a centinaia, permeano l’intero territorio della città. Perchè non si ha il coraggio di dire che prima dell’altro giorno, tifosi italiani e stranieri da mesi si riversano in piazza di Spagna, portando li le loro pericolose danze di giubilo e di guerra, quando ai cori si unisce, abbondante, l’alcol?
Tutto questo è avvenuto senza che nessuno, polizia, vigili urbani o eventuali delibere comunali dicessero che questi appuntamenti tra vandali sono illegali ed inammissibili. Spesso i nuovi barbari, nei punti nevralgici della città vengono “scortati” da vigili e pubblica sicurezza, “invitata”, quando la situazione precipita, dai vertici a mantenere sempre una linea buonista e passiva con chi sfascia e distrugge a proprio piacimento. Nel nome della demagogia Ignazio Marino continua a contrabbandare per libertà comportamenti illegali che ad un cittadino normale verrebbero fatti pagare a carissimo prezzo. Peccato per Roma e i suoi cittadini che non ci sia, almeno per il momento, pensione in vista per il sindaco. Però meglio non disperare. Tutto ha un limite, anche la pazienza.
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