“Usare i simboli religiosi per manifestazioni di parte, come sono i partiti, può essere un abuso”. Il segretario di Stato Pietro Parolin è tornato su quel rosario secondo lui sbandierato in maniera inopportuna da Salvini prima delle votazioni di domenica scorsa e dopo l’eccezionale successo della Lega.
E io che avevo riposto la voglia di gridare – da credente, cattolica e praticante – la mia grande indignazione per quella frase del Cardinale Segretario di Stato di Sua Santità che, confrontandomi, ho capito non essere piaciuta a molti cattolici come me, ripropongo l’argomento per una ulteriore riflessione che lascio a chi legge.
Ma torniamo all’episodio. Matteo Salvini, in piazza Duomo, a Milano, è sul palco della sua manifestazione elettorale quando tira fuori dalla tasca un rosario che dice essergli stato portato da Medijugorie: “Sono sicuro che la Madonna ci porterà alla vittoria”, dice in quella circostanza. Siamo ancora prima del voto del 26 maggio, quello per il rinnovo del Parlamento europeo, per la carica di governatore in Piemonte e di sindaco in 130 comuni. Salvini fa di più, bacia anche quella croce che chiude la sfilza di grani, 50 in gruppi di 10, che simboleggiano una mistica ghirlanda di rose da donare alla Madonna.
L’atto di baciare è uno dei gesti più usati nella vita sociale: si baciano i figli, il coniuge, gli amici. Che valenza ha nel culto cristiano? Ha un’importante valenza simbolica: esprime devozione, affetto. Baciare il Crocifisso ad esempio, ha una consuetudine molto antica e deriva dall’usanza che c’era a Gerusalemme di far baciare il “Legno della Croce” ai pellegrini, perché quel Legno fu reso sacro dal Sangue di Cristo. Da Gerusalemme, tramite i pellegrini l’adorazione della Croce arrivò poi alle altre Chiese.
Ma torniamo all’atto ‘dissacrante’ di Matteo. Vivacissime le proteste della Cei, del suo quotidiano d’informazione Avvenire, di Famiglia Cristiana ed anche di Civiltà Cattolica.
“Io credo che la politica partitica divide, Dio invece è di tutti. Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso”, commenta Parolin a margine della Festa dei Popoli a San Giovanni in Laterano, a Roma, dove ha celebrato la messa lanciando un monito contro l’indifferenza.
“A urne chiuse (e vittoria ormai certa, ndr) si può finalmente ringraziare a cuore aperto senza essere accusati di voler strumentalizzare quindi siccome l’ho fatto perché ci credevo e ci credo, ringrazio chi c’è lassù che non aiuta me o la Lega, aiuta l’Italia e l’Europa a ritrovare speranza, orgoglio, radici, lavoro, sicurezza. Non ho mai affidato al cuore immacolato di Maria un voto, o il successo di un partito, ma il futuro di un paese e un continente”. E questo il Matteo leghista lo dice la notte dello spoglio delle schede.
Stavolta il Cardinale Segretario di Stato si esprime richiamando l’incoraggiamento del Papa a cercare sempre il dialogo: “E perché non con Salvini?”, il principale vincitore del voto italiano. Ma anche qui non si lascia sfuggire un monito sull’uso-abuso dei simboli religiosi.
Non avrei mai immaginato, solo qualche tempo fa, che potesse giungere il momento di doversi giustificare, non certo con Dio ma con i suoi rappresentanti, per un bacio al crocifisso o per un rosario mostrato nel pugno della mano.
E, poi, da quando “invocare Dio per sé è pericoloso?”.
Senza aggiungere commenti alle parole degli uomini di Chiesa che, vale la pena ricordare, sono uomini prima che ministri di Dio, Salvini ha confessato a Massimo Giletti, nel suo programma ‘Non è l’arena’, di essere “l’ultimo dei buoni cristiani, sono divorziato e peccatore, dico le parolacce, vado a messa tre volte all’anno ma difendo la nostra storia e difendo l’esistenza delle scuole cattoliche, del volontariato, dell’associazionismo”. Lo ha detto sempre riferendosi alle dichiarazioni del Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin. “Se invoco la protezione di Maria dà fastidio a qualcuno? Chiedo la protezione di Dio per i nostri giovani, i nostri figli perché Europa ci sta preparando un futuro di disoccupazione e precarietà”.
La preghiera è un parlare con Dio. Escrivà de Balaguer ne faceva il cardine di ogni suo argomentare: “Parlare di che?”, spiegava a chi si accostava alle sue predicazioni dal sapore innovativo – santificare il lavoro, santificarsi attraverso il lavoro, ad esempio -. “Parleremo del nostro lavoro quotidiano, della famiglia, delle amicizie, dei grandi progetti e delle cose piccole e forse anche meschine”, suggeriva. E come esempio parlava di sé: “Il tema della mia orazione è la mia stessa vita: tale è il mio modo di pregare. Considerando la mia situazione concreta, sorge naturale il proposito, preciso e risoluto, di cambiare, di migliorare….. Un proposito sincero, concreto”.
L’imperatore Costantino ebbe in sogno la visione della Croce. Fu con quella carica spirituale che vinse contro Massenzio nella Battaglia di Ponte Milvio. La persecuzione del cristiani termino’ con questa battaglia basata proprio sull’ostensione dei simboli del Cristianesimo. Vale la pena ricordarlo.
Alessandra Binazzi
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