Dopo Milano dell’Expo, Venezia del Mose, i trucchi e le mazzette al ministero delle infrastrutture, la lista degli appalti truccati, che testimoniano l’insana commistione di interessi pubblici e privati nel nostro paese, si allunga di un nuovo capitolo: Ischia la splendida perla del Golfo di Napoli.
Dopo le inchieste sulle grandi opere nazionali dunque un nuovo sistema di corruzione e scambio di favori, è stato portato alla luce dalla procura di Napoli che in seguito ad indagini durate mesi e relative ad appalti per la costruzione dei condotti per la distribuzione del gas metano in cinque comuni dell’isola, ha emesso ben undici misure cautelari che hanno interessato oltre ai dirigenti della CPL Concordia (una cooperativa di produzione e lavoro), anche alcuni politici locali.
Tra gli arrestati il sindaco di Ischia, Giuseppe Ferrandino del Pd cui sono stati contestati favori ricevuti dalla società in questione: un viaggio in Tunisia, l’assunzione del fratello, Massimo Ferrandino come consulente della CPL Concordia e la stipulazione di due convenzioni, da parte della stessa cooperativa, con un albergo di proprietà della famiglia del sindaco, per un valore complessivo di 330 mila euro.
Non è invece tra gli indagati Massimo d’Alema, il cui nome spunta però da alcune intercettazioni: uno dei dirigenti della CPL, Francesco Simone, lo nomina riguardo ad alcuni investimenti della società negli Italiani Europei, perché “D’Alema mette le mani nella merda come ha già fatto con noi, ci ha dato delle cose”. Da parte sua l’ex premier, respinge le accuse, parlando di un rapporto con la CPL Concordia, “del tutto trasparente, che non ha comportato né la richiesta da parte loro né la messa in opera da parte mia di illeciti di nessun genere”.
Gli atti d’inchiesta segnalano, da parte dei vertici della società, un “sistematico ricorso di un modello organizzativo ispirato alla corruzione”; inoltre, benchè non si faccia esplicito riferimento a legami con la criminalità organizzata, è da sottolineare che l’ex presidente della cooperativa, Roberto Casari, risulta indagato per concorso esterno in associazione mafiosa (secondo l’accusa, il clan di riferimento sarebbero i Casalesi), relativa ad appalti per la costruzione di metanodotti nei pressi di Napoli tra il 1999 e il 2003.
Una delle ipotesi degli inquirenti è che i fondi per le tangenti, mediante le quali la cooperativa Concordia si aggiudicava gli appalti, provenissero dall’emissione di fatture per lavori in realtà mai svolti, presso una società di tunisina (Tunita sarl).
P.M
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