Scontro frontale nella UE sull’accoglienza ai migranti. All’indomani del “controvertice” balcanico convocato dall’Austria, al quale la Grecia non è stata invitata, Atene ha richiamato in patria l’ambasciatrice a Vienna, Chrisoula Aleiferi, per “preservare le relazioni amichevoli tra i popoli e gli Stati di Grecia ed Austria”.
“La Grecia non accetterà azioni unilaterali”, fa sapere il viceministro per l’Immigrazione Ioannis Mouzalas al suo arrivo a Bruxelles, dove ha partecipato al consiglio Interni UE. “Non accetteremo di diventare il Libano d’Europa e di diventare un magazzino di anime, anche se questo comporta un aumento di fondi”.
Ieri il premier Alexis Tsipras ha espresso il suo “profondo dispiacere” alla cancelliera federale tedesca Angela Merkel e ha ricevuto la solidarietà di Filippo Grandi, Alto commissario ONU per i rifugiati.
Posizioni simili a quelle espresse dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, oggi, in una telefonata al suo omologo greco Nicos Kotzias:
L’Italia considera pericolose le iniziative unilaterali in tema di immigrazione e non condivide le posizioni che mirano ad attribuire a un singolo Paese, come la Grecia, la responsabilità di far fronte alla crisi migratoria.
“Le soluzioni efficaci – ha insistito Gentiloni – non possono che essere adottate nell’ambito di un impegno europeo solidale e ampiamente condiviso”.
Ieri a Vienna i ministri degli Stati balcanici – quelli già membri UE e quelli che intendono entrarvi, vale a dire Albania, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia – hanno firmato una dichiarazione congiunta di collaborazione nell’allontanamento dei migranti che non hanno diritto a una speciale “protezione internazionale”, come l’asilo politico. Nel documento si chiedono standard comuni per la registrazione e per i criteri di ammissione, ma si chiede anche a tutti gli Stati che aderiscono ai trattati di Schengen di respingere chi non ha i requisiti per richiedere asilo e chi pur avendoli non presenta la richiesta. “Il flusso migratorio lungo la rotta balcanica dev’essere sostanzialmente ridotto”, concludono i ministri.
Oggi la UE ha chiesto chiarimenti al governo ungherese: ieri il premier Viktor Orban aveva annunciato in televisione di voler organizzare un referendum sulle quote obbligatorie di accoglienza. Secondo il primo ministro, il problema influenza “il futuro della nazione” ed è giusto sottoporlo al giudizio degli elettori. Ma i giuristi fanno notare che la Costituzione ungherese – varata nel 2011, quando Orban era già al governo – vieta i referendum sui trattati internazionali. Oltretutto, nulla obbliga la UE ad attenersi all’esito di un’eventuale consultazione. Secondo l’europarlamentare Gyorgy Schoepflin – esponente di Fidesz, il partito di Orban – il premier vuole solo dimostrare alle istituzioni europee che gli ungheresi sono convinti delle sue ragioni. Più tranchant il giudizio del giornale liberale Nepszabadsag: “Non è altro che un bluff”.
I ministri dell’Interno dei 28, che si sono riuniti oggi a Bruxelles, intendono chiedere al Parlamento di Strasburgo di obbligare gli Stati responsabili delle frontiere esterne a imporre “controlli sistematici su tutte le persone”, incluso chi sulla carta ha diritto di attraversare liberamente le frontiere, ossia i cittadini UE. Controlli del genere potrebbero diventare obbligatori anche nei confronti di chi entra ed esce dallo spazio aereo comunitario. La misura andrebbe a interessare soprattutto gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, Italia e Grecia in primis.
Secondo il Commissario UE per le migrazioni Dimitris Avramopoulos, il flusso di profughi in arrivo dalla Turchia si deve ridurre entro 1o giorni, altrimenti si rischia il collasso di tutto il sistema. La situazione sulla rotta balcanica è “molto critica”, e l’eventualità di una crisi umanitaria è “molto grande e molto vicina”. Per questo, ha aggiunto, “non si può andare avanti con atti unilaterali, bilaterali o trilaterali”.
Intanto, in Grecia, circa mille migranti che si trovavano nel campo di Diavata sono riusciti a tagliare le recinzioni e incamminarsi verso Idomeni, al confine con la Macedonia. A riferire del tentativo di forzare il blocco sono i Medici senza frontiere. Secondo la polizia greca, a Idomeni ci sono già 2800 profughi.
In Germania la Suddeutsche Zeitung ha pubblicato una stima del numero dei migranti attesi fino al 2020: si tratta di circa 3 milioni e mezzo di persone. Secondo i numeri pubblicati dal ministero dell’Economia, i profughi che varcheranno le frontiere tedesche saranno circa mezzo milione l’anno per i prossimi cinque anni, che si aggiungeranno al milione e centomila arrivato nel 2015. Ma sono numeri suscettibili di oscillare anche di molto: il ministero avverte che l’ipotesi è “puramente tecnica”, una previsione realistica in questo momento non è possibile, e proprio per questo il governo non ha ancora intenzione di formulare una previsione ufficiale.
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