Anche se la Macedonia ha riaperto le frontiere ai migranti diretti a nord, verso la UE, la pressione ai confini orientali dell’Unione non accenna a placarsi.
Dopo aver deciso di dichiarare lo stato d’emergenza e chiudere la frontiera con la Grecia, ricorrendo anche a lacrimogeni e granate assordanti per impedire ai migranti di forzare i blocchi, ieri Skopje, la capitale e la città più popolosa della repubblica macedone, ha fatto marcia indietro.
Come effetto collaterale del repentino dietrofront, però, un’ondata umana ha investito la Serbia, la tappa successiva sulla rotta che porta i disperati dal Medio Oriente nel cuore dell’Europa.
I migranti censiti dalle autorità di Belgrado nella notte fra ieri e oggi sono quasi ottomila, arrivati, secondo quanto sostiene la tv di Stato RTS, a bordo di 70 pullman partiti da Gevgelija, in Macedonia.
Secondo Ahmet Halimi, segretario della Croce rossa locale, le operazioni di registrazione non si sono interrotte per tutta la notte. A richiedere asilo in Serbia è solo un’esigua minoranza: quasi tutti proseguono verso l’Ungheria, la porta dell’area-Schengen, nel tentativo di raggiungere i Paesi più ricchi dell’Europa occidentale e settentrionale.
Belgrado ha messo a loro disposizione quattro campi attrezzati: due all’estremo sud del paese, a Presevo e a Miratovce, dove vengono identificati e ricevono permessi di transito validi per 72 ore; gli altri due presso il confine ungherese, a Kanjiza e Subotica. Sono stati allestiti anche dei centri di assistenza igienica a Belgrado e un centro umanitario finanziato con donazioni russe a Nis.
Il timore, però, è che tutto questo non basti: nelle ultime due settimane i profughi entrati in Serbia sono più di 23 mila, una netta impennata se si considera che il totale da gennaio non arriva a 90 mila, senza considerare il fatto che gli ultimi siano arrivati in un unico blocco.
“Ci aspettiamo nuove ondate di profughi nei prossimi giorni con la stessa intensità”, ha dichiarato ieri il ministro della Difesa serbo, Bratislav Gasic. Ma anche se “non ci sono stati disordini e si lavora in un clima disciplinato”, destano preoccupazione le forniture di acqua corrente nei campi di Presevo e Miratovce, che bastano “solo per due giorni”.
Il ministro Gasic ha annunciato di aver deciso di allestire un nuovo campo d’accoglienza alle porte della capitale Belgrado, ma ha anche ricordato che l’economia serba attraversa una fase di contrazione e si è augurato che “la Ue reagisca rapidamente”.
Anche il governo macedone ha fatto intendere a Bruxelles di aspettarsi un aumento degli aiuti economici almeno parallelo all’aumento dei flussi migratori, ma la Commissione UE si è premurata di far sapere che la somma stanziata è e resterà pari a 90 mila euro.
Nel frattempo, sulla stessa rotta, continuano gli sbarchi in Grecia. Oggi circa 2500 migranti, provenienti dall’isola di Lesbo, sono arrivati al Pireo a bordo del traghetto Eleftherios Venizelos. Al largo di Mitilene, capoluogo dell’isola, un gommone si è capovolto e i suoi 15 occupanti sono finiti in mare: otto sono stati salvati, uno è stato ripescato già privo di vita, mentre gli altri sei risultano dispersi. Ieri, la stessa nave aveva sbarcato 2466 persone raccolte al largo delle altre isole dell’Egeo.
A percorrere la rotta balcanica sono per lo più persone in fuga dai conflitti mediorientali: siriani e iracheni in fuga dall’ISIS e dalle guerre civili, oltre a profughi provenienti dall’Afghanistan, dal Pakistan e dal Bangladesh. Attraversano la Turchia lungo varie rotte, per poi attraversare il mare Egeo su imbarcazioni di fortuna. Le loro ultime destinazioni sono paesi dell’Europa occidentale – ad esempio Francia, Belgio, Germania – e settentrionale.
Nel fine settimana appena passato il livello di allarme è stato altissimo anche nel Canale di Sicilia. Solo nella giornata di sabato, la centrale operativa della Guardia costiera che coordina le missioni di salvataggio ha ricevuto oltre venti SOS da gommoni e barconi in difficoltà al largo della Libia. Alla fine della giornata i migranti tratti in salvo da navi italiane ed europee sono stati circa 4400.
Ieri, invece, si è registrata una protesta da parte dei profughi che alloggiano nel centro gestito dalla Croce rossa italiana a Bresso, alle porte di Milano. Spazientite per i ritardi nella consegna dei permessi di soggiorno temporanei, circa trecento persone – quasi tutti gli ospiti del centro – sono scese in strada bloccando via Clerici e provocando la paralisi del traffico. La protesta è rientrata pacificamente prima di mezzogiorno, senza che le tensioni degenerassero in violenza, ma il sindaco Ugo Vecchiarelli è stato costretto a prendere atto dell’inefficienza della macchina burocratica.
“Il ritardo deriva dal fatto che il numero dei profughi è molto elevato e dalla questura hanno bisogno di tempo”, ha dichiarato il primo cittadino. “Questa è un’emergenza che conosciamo bene, ma adesso la situazione sta diventando davvero difficile da gestire”.
F.M.R.
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