Frontiere aperte ai migranti finché dureranno le guerre da cui fuggono. È questo lo spirito del “Discorso sullo stato dell’Unione” tenuto oggi a Strasburgo, di fronte al Parlamento europeo, dal presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker.
L’ex premier del Lussemburgo ha approfittato del suo primo appuntamento con l’Europarlamento riunito in seduta plenaria – una tradizione USA che la UE ha adottato da cinque anni – per rivendicare la sua adesione alla linea della cancelliera federale tedesca Angela Merkel, a favore della massima estensione possibile dei meccanismi di accoglienza: se necessario, anche violando i trattati internazionali, come la Convenzione di Dublino, che Merkel, Juncker e tanti altri leader europei giudicano superati e inadeguati a rispondere alle emergenze.
Per tamponare la crisi in atto, Juncker ha proposto una ridistribuzione di 120 mila profughi, che in aggiunta ai 40 mila già interessati a maggio da un provvedimento simile porteranno il totale a 160 mila. Della misura si discuterà nel prossimo consiglio UE dei ministri dell’Interno, in programma la prossima settimana.
Nel frattempo si inizierà a discutere della riforma della politica comunitaria d’accoglienza. Il piano proposto dall’esecutivo europeo, al quale Juncker ha prestato nome e capitale politico, prevede che gli Stati UE si dividano le responsabilità dell’accoglienza in base a quote obbligatorie. Da questo meccanismo gli Stati si potranno chiamare fuori – esercitando il cosiddetto opt-out – ma solo in casi eccezionali, per non più di un anno e pagando una sanzione pari allo 0,002% del loro PIL.
Ieri il collegio dei Commissari UE ha approvato la bozza, ma con le previste riserve dei Commissari che provengono dai Paesi contrari al meccanismo delle quote obbligatorie, come Regno Unito e Danimarca.
“Dobbiamo accettare le persone in fuga dall’ISIS sul territorio europeo”, afferma Juncker: “Non c’è soluzione alternativa”. E prosegue: “È il momento di un’azione audace e concertata da parte della UE e di tutte le sue istituzioni, è il tempo dell’umanità”.
“Gli standard europei, le regole sulle migrazioni ci sono” – riconosce il presidente della Commissione – “ma sono gli Stati membri che non le hanno applicate. Ora devono rispettarle. È in gioco la credibilità dell’Europa”. Europa che però rischia di spaccarsi, come dimostrano le schermaglie dei giorni scorsi fra Germania e Ungheria, gli Stati più in vista nei due schieramenti contrapposti: “Manca l’unione in questa UE”, sostiene il presidente.
Su quali posizioni sia Bruxelles non è più un mistero per nessuno, e Juncker ne approfitta per lanciare una stoccata fra le righe all’Ungheria: “Fino a quando ci sarà la guerra, nessun muro, nessuna barriera fermerà questa massa di rifugiati”. “Mettiamoci nei loro panni”, continua il presidente: “Quanto pagheremmo per rifarci una vita?”
Juncker poi ha rivolto un appello agli Stati UE perché approvino quanto prima – “Spero non ci sia retorica, abbiamo bisogno di fatti” – il piano al quale ha prestato il nome, che “ci permetterà di affrontare situazioni di crisi in modo più agevole in futuro”.
“Schengen non verrà abolito da questa commissione – ha continuato il capo dell’esecutivo europeo – ma rafforzeremo i confini esterni. Bisogna cambiare il trattato di Dublino, la prima regola deve essere la solidarietà. Rafforziamo Frontex: certamente costa, ma la Commissione ritiene che siano soldi ben spesi”. L’obiettivo è “arrivare a una guardia costiera di confine efficace entro la fine di quest’anno e creare canali di immigrazione legali contro la tratta di esseri umani”.
“Dobbiamo permettere ai richiedenti asilo di lavorare”, ha continuato. Concetto già espresso ieri da Angela Merkel, che lo ha ripetuto oggi al Bundestag: “Bisogna integrarli velocemente. Altrettanto velocemente devono imparare il tedesco e velocemente avere un lavoro. Diventeranno cittadini tedeschi”.
La Cancelliera, d’altra parte, ha richiamato l’attenzione sulle responsabilità degli Stati che accolgono i migranti: “Un Paese che dice ‘benvenuti’ a tante persone deve anche dire quali sono le regole. Anche questo fa parte di una società aperta. Non ci sarà nessuna tolleranza per la società parallela”.
In conclusione del suo discorso, Juncker ha affrontato le cause più remote della crisi migratoria, cioè le guerre in Medio Oriente e in Africa: “Rivolgo un appello ai diplomatici UE per un’offensiva che affronti le crisi in Siria e Libia”. “Abbiamo bisogno di una politica estera europea più forte”.
Filippo M. Ragusa
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