Da sei anni Papa Jorge Mario Bergoglio recita un mantra cui gli italiani hanno ormai fatto l’abitudine “ In nome della carità cristiana, aprite le porte ai nostri fratelli migranti…”
Ma gestire l’ospitalità per i disperati che vengono dal mare non è facile. Al punto che le diocesi romane, in particolare, nel silenzio delle loro piccole comunità, sono ormai costrette a rispondere: “no grazie”. Per difficoltà oggettive, ma anche per opportunismo. Vediamo perché.
Gli unici numeri certi sul fenomeno accoglienza rivelano una verità tanto sconcertante quanto controversa. Secondo dati del Vicariato di Roma, nel 2017, solo 38, tra parrocchie e istituti religiosi presenti nella Capitale, hanno ospitato 121 persone (57 in prima e 64 in seconda accoglienza). E pensare che nella diocesi del vescovo di Roma si contano ben 332 parrocchie e circa 700 istituti religiosi.
Un risultato decisamente deludente se paragonato al numero delle strutture nella disponibilità del clero. Un bilancio magrissimo che evidenzia un paradossale distacco tra le sollecitazioni di Bergoglio e la capacità-volontà della struttura immobiliare della Chiesa di trasformare le richieste fatte nel nome della generosità caritatevole, in risposte concrete.
In verità la freddezza con cui la macchina della Chiesa risponde alle richieste di ospitalità è legata anche ad un altro fattore: la vocazione redditizia dei conventi e delle case religiose ad affittare e vendere spazi.
All’esercito di turisti e pellegrini che scende nella città eterna per soggiornare poche notti nel cuore di Roma, la Chiesa offre ha una vastissima possibilità di scelta. Per citarne solo qualcuna, l’ Istituto Sacro Cuore, La Casa di Procura delle Suore Missionarie Pallottine, la Nostra Signora di Lourdes, tutte strutture con camere dotate di ogni comfort come il bagno interno e l’aria condizionata. E i prezzi non sono certo calmierati. Una camera singola può costare anche 60 euro e una doppia 90, cifre che non si discostano di molto dal mercato turistico romano degli alberghi e dei bed and breakfast.
Dunque per gli ordini religiosi che sembrano guardare con maggior interesse al mercato più che alla carità, i conti economici sono semplici, mentre per Papa Francesco, farli quadrare è diventato sempre più difficile.
I numeri sulla migrazione italiana sono un vero e proprio rompicapo senza possibilità di tracciare un quadro chiaro con un risultato certo e inconfutabile.
I dati della Conferenza Episcopale Italiana, quelli della Caritas e del Centro Astalli sono quanto mai variabili, con aggiornamenti spesso tardivi.
Il rapporto della Caritas 2016 indica in un 17% il numero degli stranieri immigrati presi in carico dalla Cei nelle innumerevoli case di accoglienza e strutture religiose: complessivamente si tratta di 23.201 persone. Ma solo 4929 hanno mangiato e dormito grazie a fondi ecclesiastici o donazioni. Il restante 79% la Chiesa li ha accolti, utilizzando i fondi dello Stato italiano. Il documento di economia e finanza dello scorso anno parla infatti di 1,8 miliardi dati alle confessioni religiose. Un capitolo che l’Ufficio bilancio del Senato cita in cima alle spese per l’accoglienza.
I conti dell’ultimo anno parlano di un aumento dei migranti a quasi 26.000 unità e di una sostanziale diminuzione dei fondi destinati a questa emergenza.
E allora come fare per accogliere i migranti con buona pace di tutti?
Praticamente impossibile. I parroci infatti non hanno risorse, le tasche della Curia sono chiuse, il Vaticano non ha giurisdizione diretta sui beni dei religiosi e neanche su tutti quelli delle diocesi. Se volesse, il Pontefice potrebbe attingere tra le riserve dell’Obolo di San Pietro, ma sembra impossibile intaccare il tesoretto vaticano.
La questione migranti è un rebus senza soluzione, ed è anche uno dei motivi che allontanano i fedeli dalla Chiesa. Don Mario Pecchielan, in occasione dell’incontro tra il Santo Padre e le diocesi romane il 9 maggio 2019 ha raccontato al Papa quello che la diocesi ha vissuto in questi anni. La crisi è profonda e non ci sono solo i migranti. Il quadro generale parla del numero degli allontanamenti dalla chiesa che va crescendo, del calo delle vocazioni, dei battesimi e dei matrimoni che si diradano notevolmente. La frequenza alla messa è del 9/10 per cento. Ma c’è un’altra faccia della medaglia, a Roma ci sono tante cose belle. Ma quanto incide la Chiesa sulla vita della città? La questione fondamentale è, dice don Mario, la nuova evangelizzazione di Roma che, cuore della Chiesa e centro della cristianità, è diventata “terra di missione”. Deve quindi diventare missionaria. “Ci aiuti ad andare avanti” è la richiesta conclusiva di don Mario.
Una Chiesa missionaria, accogliente, generosa, ma che senza aiuti concreti dai Sacri palazzi nulla può per fare misericordia. Ed il macigno dell’ospitalità ai disperati resta li, sempre più pesante, in una città peraltro già provata da tantissimi problemi economici e sociali irrisolti.
Barbara Ruggiero
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