Nemmeno il tempo di chiudere le polemiche sul caso Sea Watch3 ed ecco che un’altra Ong con 54 migranti a bordo si è avvicinata all’Italia. Ma il ministro dell’Interno, insieme a quello della Difesa Elisabetta Trenta e dei Trasporti Danilo Toninelli, ha bloccato l’avvicinamento alle nostre coste, firmando in nottata il divieto di ingresso nelle acque italiane alla nave Alex della ong Mediterranea che si trova a 12 miglia da Lampedusa.
Le autorità marittime maltesi hanno dato alla nave dei centri sociali indicazione di dirigersi verso il porto di La Valletta. Dopo un iniziale diniego da parte della Alex, nel primo pomeriggio di oggi fonti del Viminale riferiscono dell’ “accordo totale” tra i due Paesi: La Valletta “è disponibile ad accogliere gli immigrati a bordo della Alex, e Roma ne riceverà altrettanti da Malta per lasciare invariata la pressione dell’accoglienza sull’isola”. Peraltro, osservano dal ministero dell’Interno, “è sorprendente che Mediterranea affermi che Alex non possa affrontare il viaggio verso Malta, visto che è partita da Licata per arrivare fino in acque Sar libiche”.
Sembra rientrato il conflitto della ong Mediterranea con il capo del Viminale che questa mattina, data la notizia della consegna del provvedimento di divieto di ingresso, aveva obiettato sulla possibilità di ravvisare nell’eventuale atto di disobbedienza “violenza e pirateria”. Ma “io non mollo!”, ha assicurato Salvini.
Già ieri sera, il capo del Viminale aveva detto: “C’è una barca in acque maltesi, secondo voi che porto hanno chiesto? Anche se fossero in Groenlandia chiederebbero Lampedusa. A questi non interessa il porto vicino più sicuro, questi fanno politica”. E ha anche accusato l’Unione Europea: “Fino a poco tempo fa il governo francese portava e abbandonava gli immigrati nei boschi dopo il confine, perciò nessuno dia lezioni. Un naufrago non paga 3 mila dollari, e gli scafisti con quei 3 mila dollari comprano armi e droga, e io non posso essere complice di chi alimenta il traffico di droga e armi. L’Unione europea fino ad ora se ne è strafregata, purtroppo bisogna alzare la voce”.
“Alex e Co. ” è il vascello di appoggio alla “Mare Jonio” ancora sotto sequestro a Licata. L’imbarcazione, gestita dall’italiana Mediterranea Saving Humans, appena arrivata nella zona Sar attribuita alla Libia, nel pomeriggio di ieri ha recuperato nella zona delle piattaforme petrolifere le 54 persone che occupavano un gommone in precarie condizioni di galleggiamento e che avevano già chiesto aiuto ad “Alarm Phone”, quello che è diventato il vero centralino dei migranti. L’imbarcazione di Mediterranea — che poco prima aveva individuato in mare un gommone sgonfio e senza più nessuno a bordo—ha raccolto l’Sos, in una corsa contro il tempo e contro una motovedetta della Guardia costiera libica, è riuscita a raggiungere per prima il gommone e a mettere in salvo i migranti. Subito dopo ha twittato: «Felici di aver strappato 54 vite umane all’inferno della Libia. Adesso serve subito un porto sicuro». E subito il ministro Salvini ha avvertito: «Gli immigrati presi a bordo da Mediterranea sono in acque libiche, e attualmente sono più vicini di decine di miglia nautiche alla Tunisia rispetto a Lampedusa. Se questa Ong ha davvero a cuore la salvezza degli immigrati faccia rotta nel porto sicuro più vicino, altrimenti sappia che attiveremo tutte le procedure per evitare che il traffico di esseri umani abbia l’Italia come punto di arrivo». Il botta e risposta è proseguito perché da Mediterranea hanno subito ribadito: «Le normative dicono che la Tunisia non è un porto sicuro. Non è questione di opinioni, ma di normative — ha detto l’armatore di Mediterranea, Alessandro Metz —. Non temiamo un nuovo caso Sea Watch. È chiaro che il primo posto che incontri procedendo è Lampedusa, ma è questione di geografia non di opinioni».
E’ notizia di ieri la possibilità che la Libia rilasci tutti i migranti che si trovano oggi nei centri di detenzione “ufficiali”, tra le 5mila e le 7mila persone a seconda delle fonti. L’annuncio del governo di Fayez al-Sarraj è la prima, clamorosa ricaduta della strage di Tajoura, il raid aereo che mercoledì ha colpito un centro alle porte di Tripoli, uccidendo più di 50 migranti e ferendone oltre cento. L’ipotesi avanzata da al-Sarraj ha suscitato reazioni diverse: se da una parte l’Alto commissariato Onu per i rifugiati vede con favore una misura che sottolinea di «auspicare da tempo», dall’altra è percepita in parte come una minaccia nei confronti della comunità internazionale, vista come troppo equidistante tra le parti in lotta per il potere della Libia. Si potrebbe prevedere infatti una nuova drammatica stagione di partenze dalle coste libiche e, a quel punto, la politica dei porti chiusi non basterebbe più. Anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha avanzato grandi perplessità invitando “Serraj ad assumersi le sue responsabilità e a fare di tutto perché crisi umanitarie, situazioni già molto difficili non esplodano in tutta la loro ampiezza”.
Elisa Rocca
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