Si allunga la lista dei suicidi per problemi economici. Ieri sera, in via Policarpo Petrocchi a Milano, si è tolto la vita, impiccandosi nel suo colorificio un commerciante 52enne, Giovanni D.
Il corpo è stato trovato dal padre, preoccupato perché non aveva più notizie del figlio, che era solito recarsi la domenica in negozio per aggiornare la contabilità. Secondo le prime ricostruzioni dei carabinieri, il piccolo imprenditore avrebbe lasciato una lettera in cui sosteneva di non essere più in grado di affrontare i problemi economici. Quali considerazioni trarre da questa ennesima tragedia?
Gli ultimi dati dell’ISTAT documentano un Paese messo alle strette, ferito in profondità, con consumi calanti e famiglie impossibilitate a far fronte ai costi e ai pagamenti di cure ed esami diagnostici, bollette, fitti e canoni. Cresce la realtà del disagio e della povertà insieme al rischio sopravvivenza per un quarto della popolazione italiana. Percentuali che si raddoppiano nel caso della povertà minorile, ai livelli più alti d’Europa.
Tra il 2012 e i primi tre mesi del 2013 sarebbero 121 le persone che si sono tolte la vita per cause da ricollegare direttamente al deterioramento delle condizioni economiche personali o aziendali: il 40 per cento in più rispetto al corrispondente trimestre dell’anno scorso. Su un totale di 16,7 milioni di pensionati italiani, il 13,3 per cento riceve meno di 500 euro al mese, il 30,8 per cento tra i 500 e i 1.000 euro, il 23,1 per cento tra i 1.000 e i 1.500 euro e il restante 32,8 per cento percepisce un importo superiore ai 1.500 euro. In sostanza, quasi otto milioni percepiscono meno di 1.000 euro mensili, oltre due milioni meno di 500 euro.
Il report dell’Istat fa infine il confronto tra i Paesi che hanno adottato politiche diverse di contenimento del disagio sociale:
“Chi ha seguito strade opposte all’austerity ha finora ottenuto risultati assai più positivi. Gli Stati Uniti hanno finanziato politiche per la crescita, riducendo la disoccupazione e arrivando nel primo trimestre 2013 a un +2,5% del Pil“.
E anche nazioni come Uruguay, Brasile e Indonesia hanno consolidato e ampliato occupazione e qualità del lavoro grazie a politiche di sviluppo. Forse l’Italia proprio da questi dati dovrebbe partire e riprendere l’iniziativa in materia di lavoro (formazione, impiego, nuovi investimenti) senza attardarsi in politiche assistenziali (peraltro poche e con scarse risorse) che purtroppo non fermano il drammatico fenomeno dei suicidi da “male oscuro”.
Nata e cresciuta a Roma, si laurea presso l'Accademia di Costume e Moda di Roma, trattando la propria tesi sulla "Nascita e l'evoluzione del giornalismo di moda". Curiosità, determinazione e voglia di crescere professionalmente caratterizzano il mio profilo.
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