Per la pace in Medio Oriente serviranno negoziati diretti fra israeliani e palestinesi. Lo ha detto, secondo quanto riferisce la Casa Bianca, il neo presidente USA Donald Trump nella sua prima telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
“Gli Stati Uniti lavoreranno con Israele per compiere progressi verso questo obiettivo”, si legge nel seguito del comunicato. Trump ha invitato Netanyahu a Washington il prossimo febbraio: la data precisa non è stata ancora stabilita. All’ordine del giorno, spiega ancora la Casa Bianca, ci saranno “vari temi, incluse le minacce poste dall’Iran”, lo stato arcirivale di Israele che Barack Obama aveva riportato al tavolo delle trattative per uno storico accordo sul programma nucleare.
Il nuovo presidente USA ha assicurato al premier di Tel Aviv che fra le priorità della sua amministrazione ci sono “l’impegno senza precedenti alla sicurezza di Israele” e “la lotta all’ISIS e agli altri gruppi terroristici del radicalismo islamico”.
Sempre ieri, la stampa americana ha scritto che il dipartimento di Stato starebbe pensando di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme. La discussione sarebbe ancora “nelle fasi iniziali”.
Se dovesse andare in porto, una decisione simile darebbe molto più peso alla rivendicazione israeliana su Gerusalemme, e quindi più forza negoziale alla posizione dello stato ebraico, ma potrebbe far entrare in rotta di collisione Washington e il Palazzo di Vetro. L’ONU non riconosce l’annessione di Gerusalemme est a Israele, e di conseguenza ritiene nulla la legge costituzionale che proclama la città capitale “unica e indivisa” dello stato ebraico. È proprio per questo che le ambasciate accreditate presso lo stato di Israele hanno traslocato in massa a Tel Aviv, dove tra l’altro ha sede il ministero degli Esteri del paese mediorientale.
Il Congresso USA aveva preso un’iniziativa simile negli anni ’90, ma il testo finora è rimasto lettera morta sia per un conflitto di competenze – per la costituzione USA l’ultimo responsabile della politica estera è il presidente, non il parlamento – sia per l’opposizione dei presidenti Bill Clinton, George W. Bush e Obama.
F.M.R.
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