Uno o due Stati? Per Donald Trump non fa differenza, purché assicuri la pace e vada bene sia agli israeliani sia ai palestinesi. È la dichiarazione che ha fatto più rumore dopo l’incontro di ieri, alla Casa Bianca, con il premier di Tel Aviv Benjamin Netanyahu.
I due leader si sono incontrati in un’atmosfera più che cordiale: sorrisi aperti, pacche sulle spalle e battute che confermano, qualora servisse, quanto sia salda l’amicizia fra il premier israeliano e la famiglia Trump. Amicizia che riguarda anche Jared Kushner, il genero di Trump (è il marito della figlia Ivanka), ebreo ortodosso, incaricato di gestire la posizione della presidenza USA sui colloqui di pace israelo-palestinesi.
“Che la soluzione sia a uno o due Stati, quella che loro preferiscono”, ha detto Trump, purché sia pace. Possibilmente una pace siglata dopo negoziati diretti fra le due parti, Israele e Palestina. È una rivoluzione: dagli accordi di Oslo del ’93 – alla Casa Bianca si era insediato Bill Clinton da nemmeno un anno – Washington ha sostenuto sempre e solo la soluzione dei due Stati.
Per arrivarci, Trump ha chiesto a Netanyahu di contenere la politica degli insediamenti coloniali in Cisgiordania. Si è poi detto preoccupato dai “problemi di sicurezza” di Tel Aviv, tra cui le “ambizioni nucleari dell’Iran”, e ha di nuovo definito l’accordo sul programma nucleare di Teheran – voluto da Barack Obama e firmato dopo estenuanti trattative – “uno dei peggiori” che abbia mai visto. Ed è tornato ad avanzare l’idea di spostare l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme.
L’apertura alla possibilità di uno Stato unico ha scatenato l’euforia dell’ala destra dei sostenitori di Netanyahu. Il ministro dell’Istruzione Naftali Bennett – leader di Focolare ebraico, un partito nazionalista-religioso molto votato fra i coloni – su Twitter parla apertamente di “nuova era” e “nuove idee”, poi commenta: “Dopo 24 anni, la bandiera palestinese è stata ammainata e al suo posto issata quella israeliana”.
L’ufficio del presidente palestinese Abu Mazen ha pubblicato, attraverso l’agenzia Wafa, un comunicato in cui annuncia che continuerà a lavorare con gli USA per arrivare a una soluzione che preveda due Stati. Abu Mazen sostiene che “l’insistenza del governo israeliano nel distruggere l’opzione dei due Stati attraverso la continuazione degli insediamenti porterà a più estremismo e instabilità”.
Saeb Erekat, il numero due dell’OLP, interpreta invece il cambio di rotta di Trump come un tentativo di “seppellire la soluzione dei due Stati eliminando quello della Palestina”. Se proprio si dovesse arrivare a uno Stato unico, ha detto Erekat in conferenza stampa, questo dovrebbe essere “democratico” e garantire “i diritti di tutti: ebrei, musulmani e cristiani”.
F.M.R.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy