Il maestro Ennio Morricone, 87 anni magnificamente portati, fresco di Oscar e forte di un successo incontestabile, ha deciso di togliersi un sassolino dalla scarpa e in un’intervista al quotidiano La Stampa ha dichiarato: “Con la Rai ho chiuso”.
Il compositore italiano afferma, non senza dispiacere, di sentirsi costretto a chiudere i rapporti con la Tv di Stato perché non può accettare che i suoi orchestrali vengano pagati meno di quanto meritano e sottolinea: “Io posso anche decidere di lavorare gratis, ma i musicisti vanno rispettati”.
Nel momento in cui le scelte della Rai creano non poche polemiche riguardo a temi scottanti come l’obbligo del pagamento del canone e i compensi da capogiro, elargiti ad alcuni conduttori e ospiti d’eccezione, il rifiuto di collaborazione da parte di un professionista come Morricone non getta buona luce sull’Ente che si occupa in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo. Quanto detto dal Maestro avvalorerebbe l’idea che anche la tv nazionale preferisce dare spazio ad un tipo di cultura più popolare e a buon mercato che alla qualità artistica delle vere eccellenze italiane. Ma stanno davvero così le cose?
Abbiamo contattato Roberto Bencivenga, tenore di fama e artista poliedrico, che ci ha offerto un quadro chiaro della realtà orchestrale italiana rispetto all’attuale mondo dello spettacolo.
“La situazione del teatro lirico e del mondo orchestrale è cambiata soprattutto negli ultimi 20 anni, Morricone ha ragione nell’affermare che i bravi musicisti ci sono ma sono rimasti in pochi. Tuttavia non è solo un problema della Rai. La televisione avalla una situazione di disagio e povertà culturale ben più diffusa e problematica”.
Bencivenga è un professionista affabile dalla lunga e ampia carriera; dai suoi discorsi si percepisce in maniera chiara un grande amore per la musica e per l’arte in generale. Con molta franchezza afferma che:
“Per lavorare oggi nel mondo della musica e della lirica servono agganci e conoscenze ancora più di prima e troppo spesso la professionalità non è un requisito indispensabile. Io ho lavorato per anni nel teatro lirico e ho avuto la fortuna di fare una bella carriera fondandomi esclusivamente sulle mie capacità artistiche e professionali -anche perché non sono bravo nelle pubbliche relazioni-, ma oggi non sarebbe più possibile. Anche un grande direttore d’orchestra italiano come Carlo Maria Giulini negli ultimi anni della sua carriera non volle più dirigere nel proprio paese”.
L’Italia è la patria del bel canto: come mai siamo arrivati a questo punto?
“Anche nel mondo dell’Opera l’attaccamento al posto fisso e l’ipergarantismo dei sindacati di settore ha generato una perdita in termini di qualità artistica e di preparazione professionale, condizioni veramente penalizzanti per l’arte. Come in tutti i mestieri, già da tempo anche in questo campo si è innescato un meccanismo clientelare che ha fermato l’impulso alla crescita della categoria e alla scoperta di nuovi talenti. Conosco molti direttori di teatri d’Opera che per accedere a questo ruolo hanno letteralmente comprato il proprio diploma. Potrei raccontarle di alcuni casi in cui membri di orchestre di grandi teatri dell’opera, come quello di Napoli ad esempio, hanno aderito a scioperi sindacali solo per poter intervenire ad eventi privati come matrimoni e cerimonie perché meglio pagati. Ho visto l’Orchestra del Teatro Regio di Parma interrompere le prove all’improvviso perché avevano superato il limite dell’orario sindacale e grandi direttori protestati e rimossi per aver chiesto agli orchestrali un impegno eccessivo nelle prove, come è accaduto a Bollani. Sindacati lirici e orchestrali difendono musicisti che di fatto smettono di formarsi e di prepararsi, ma -tanto per fare un esempio- se un violinista non studia e non si esercita ne risentirà l’orchestra intera”.
E la Rai? Come si pone in questo contesto?
“Anni fa gli enti lirici e orchestrali dei grandi teatri erano statali e i loro debiti venivano ripianati dallo Stato. Si spendeva anche più del necessario per avere grandi nomi, personaggi a volte poco professionali e affetti da un eccessivo divismo, tanto poi pagava Pantalone con i soldi pubblici. Allo stesso tempo consideri che un grande teatro d’Opera come il Metropolitan di New York invece pagava meno dei grandi teatri dell’Opera italiani perché faceva valere il prestigio del suo nome. Mentre la Rai aveva le sue orchestre stabili con professionisti qualificati e ben pagati. Ma oggi non è più così. Gli enti lirici e orchestrali sono spariti e lo sperpero effettuato negli anni ’90 in questo campo lo stanno pagando i professionisti di oggi, che, nella maggior parte dei casi, sono costretti ad accontentarsi di un semplice rimborso spese da parte di Fondazioni che sopravvivono solo grazie alle sovvenzioni dei privati che più che alla qualità guardano al profitto. La Rai fa lo stesso: ha dismesso tre delle sue orchestre stabili e chiama gli orchestrali solo per collaborazioni occasionali. Morricone desidera collaborare con determinati orchestrali scelti da lui di livello forse troppo elevato per gli attuali standard dell’azienda di Stato”.
Quindi, ha ragione Morricone quando afferma che la ricerca della qualità della musica è scesa anche nelle produzioni della Televisione di Stato?
“La validità artistica non è un requisito essenziale, gli artisti sono prodotti da sfruttare fino a che c’è mercato. Le agenzie di spettacolo hanno acquisito forti poteri contrattuali sfruttando grandi nomi e riescono ad imporre anche interi cartelloni. A tutto ciò si aggiunge la scarsa formazione del pubblico che è sempre meno capace di riconoscere e apprezzare un prodotto artisticamente valido. La scuola non educa al gusto e non insegna l’arte mentre la televisione l’affossa. Il risultato è che negli ultimi anni le scarse disponibilità finanziarie hanno lasciato tanto, troppo, spazio all’improvvisazione. La Rai in questo senso non fa eccezione, di fronte ad una scarsa formazione del pubblico si preferisce risparmiare sulla qualità e utilizzare mezzi a basso costo lavorando con tempi ristrettissimi e senza preparazione”.
Laureata in Lettere, amante dell’arte, dello spettacolo e delle scienze umane, autrice di testi di critica cinematografica e televisiva. Ha insegnato nella scuola pubblica e privata; da anni scrive ed esplora con passione le sconfinate possibilità della comunicazione nel web.
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