Vincent Lambert, il 42enne tetraplegico in stato vegetativo dal 2008, è morto questa mattina intorno alle 8.30 nell’ospedale di Reims, nel nord della Francia, dove era ricoverato da anni. Lo ha annunciato la famiglia a France Press, come riporta Le Figaro. Dopo l’ultima decisione del tribunale, i medici gli avevano sospeso cure e alimentazione da mercoledì della scorsa settimana.
Il caso è diventato simbolico del dibattito sul fine vita perché ha scosso la Francia per anni. La famiglia infatti si è divisa – anche con lunghe cause in tribunale – tra chi (i genitori, che si sono opposti fino all’ultimo istante) volevano tenere Lambert in vita e chi (la moglie ma anche sei tra fratelli e sorelle) invece ha lottato per far rispettare la sua volontà di morire con dignità e quindi interrompere quello che è stato ritenuto un accanimento terapeutico. L’agonia durava da 11 anni, da quando Lambert fu coinvolto in un incidente stradale del 2008: da allora il 42enne si trovava in un letto attrezzato dell’ospedale di Reims, nel Nord della Francia.
Una battaglia legale cominciata nel 2013
Sono stati 34 i ricorsi con i quali si è fatta leva su ogni possibile cavillo, da una parte e dall’altra delle due fazioni che per Vincent invocavano la cessazione dell’agonia o la possibilità di tenerlo in vita fino a spegnimento naturale, quando ci fu una prima sospensione delle cure, poi ripristinate attraverso un ricorso in tribunale. Già nel 2015 la Corte europea dei diritti umani aveva dato l’ok all’eutanasia. Il provvedimento che doveva essere applicato nello stesso anno, fu poi rinviato a data da destinarsi.
Il 20 maggio di quest’anno arriva di nuovo l’autorizzazione alla sospensione delle cure per mantenere in vita l’uomo, ma, colpo di scena, la Corte d’Appello di Parigi ordina la ripresa del trattamento.
Il 28 giugno arriva la decisione della Corte di Cassazione che cancella la sentenza dei giudici dʼappello, dichiarandoli “non competenti”, che avevano accolto il ricorso dei genitori. Si riapre, così, il caso di Vincent Lambert, e quindi la possibilità di sospendere le cure.
Il 2 luglio, infine, il medico di Vincent Lambert decide di staccare la spina e lo comunica con una email ai genitori che da sempre si oppongono ma a questo punto si arrendono:
“La morte di Vincent è ormai ineluttabile” e “se non l’accettiamo, non possiamo fare altro che rassegnarci”. “Stavolta è finita – riferiscono Viviane e Pierre Lambert all’agenzia Afp. – I nostri avvocati hanno moltiplicato ancora negli ultimi giorni i ricorsi e preso le ultime iniziative per far rispettare la sospensiva davanti all’Onu di cui beneficiava Vincent. Invano”.
Radio Rtl riferisce però di una denuncia per “assassinio premeditato” contro il medico che ha sospeso le cure al 42enne. E’ ancora l’8 luglio e il cuore di Vincent Lambert, padre di una bambina nata nel 2008, qualche mese prima dell’incidente stradale che lo aveva lasciato in stato vegetativo, ancora batte. Ieri sera, oltre 300 persone si sono radunate davanti alla chiesa di Saint-Sulpice a Parigi per una veglia di preghiera dedicata al tetraplegico.
I commenti
Per la Santa Sede “la morte di Vincent Lambert e la sua storia sono una sconfitta per la nostra umanità”: lo sottolinea mons. Vincenzo Paglia e la Pontificia Accademia per la Vita, da lui presieduta, in un tweet. Il presule e la Pontificia Accademia per la Vita pregano per i suoi famigliari.
Per il prof. Roberto Colombo, docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita della Città del Vaticano,“quando la morte non è naturale, ma intenzionalmente provocata da mano d’uomo non si può tacere. Non si deve tacere né mettere a tacere la nostra coscienza. E bisogna dire a voce alta: questo non è giusto! Vincent non è morto questa mattina a causa della sua malattia: è stata la privazione di idratazione e nutrizione, applicata in sedazione profonda del paziente, a condurlo alla morte. Un atto non degno della medicina e umanamente aberrante”.
La legge sul fine vita in Italia
L’ennesimo rinvio del disegno di legge che dovrebbe disciplinare il fine vita ha spostato la discussione dal 24 giugno al 15 luglio per nuove audizioni e ora non è nemmeno più in calendario a settembre. Il “vuoto normativo” evidenziato dal presidente della Consulta Giorgio Lattanzi quando aveva parlato del caso Fabo, il dj paraplegico e cieco in seguito a incidente che nel 2018 scelse il suicidio assistito aiutato da Marco Cappato, rischia di rimanere tale anche un anno dopo, a causa della inazione quasi totale del Parlamento, paralizzato dai veti incrociati. Alla Camera ci sono cinque proposte depositate, ma la discussione non è andata avanti di un centimetro.
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