Raffele Cantone
«Quello che sta emergendo in questa vicenda, che ovviamente deve essere vagliata dalla magistratura, è un sistema molto inquietante, ancora più di quello già grave venuto alla luce per Expo», queste le prime, allarmate, dichiarazioni rilasciate dal magistrato Raffaele Cantone, presidente dell’autorità nazionale Anticorruzione, all’indomani della deflagrazione dello scandalo-Mose.
Il Mose
Cantone non si è però limitato a commentare l’accaduto ma ha voluto fornire anche qualche indicazione su come affrontare il problema: «è innegabile che il sistema degli appalti debba esser ripensato» ma per poterlo fare occorre, preliminarmente, avviare un processo di «discontinuità politica e culturale».
Il magistrato individua nella realizzazione delle cosiddette “Grandi Opere” il settore degli appalti pubblici più permeabile a fenomeni di corruttela e per questo motivo, oltre ad auspicare una profonda riforma del quadro normativo di riferimento, si sofferma su un paradosso già presente con l’attuale legislazione: «Tutti i grandi eventi degli ultimi anni sono stati fatti con deroghe. Siamo al paradosso che le regole funzionano sugli appalti di medio-piccola grandezza, mentre in quelli di dimensioni più ampie, dove dovrebbe essere maggiore l’attenzione perché ci sono in ballo interessi maggiori, lì le regole non funzionano, non vengono applicate».
Il presidente dell’Anticorruzione si mostra consapevole dei limiti di una riforma del settore che operi solo in punto di diritto ma non accompagnata da un cambio radicale di mentalità di tutti gli addetti ai lavori e lo afferma senza mezzi termini: «Parliamoci chiaro: non possiamo certo pensare che con il solo cambiamento delle regole si possa evitare il ripetersi di situazioni così incancrenite in cui sono coinvolti controllati, controllori, ceto politico. Il sistema è veramente complicato, le regole sono uno degli aspetti su cui lavorare ma è evidente che si tratta anche di fare scelte chiare sulpiano della discontinuità politica e culturale».
Sul versante delle riforme legislative, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, avrebbe già deciso per una brusca accelerazione dell’iter di approvazione del disegno di legge anticorruzione, inizialmente previsto per fine giugno. Novità in tema di falso in bilancio che tornerà ad esser punito con la reclusione fino a 5 anni; di prescrizione che verrà bloccata con il rinvio a giudizio o con la sentenza di primo grado. Allo studio anche il conferimento di poteri più ampi all’Authority in materia di controllo su bandi e gare, relative sia ad appalti nuovi che vecchi, e anche un rafforzamento della squadra di collaboratori di Cantone.
Ma la questione più spinosa, sul piano giuridico, rimane quella della possibilità di revocare gli appalti a quelle imprese coinvolte in episodi di corruzione. Anche su questo punto si è voluto soffermare il magistrato per il quale: «Revocare un appalto laddove si individuino reati rischia di compromettere tutto il lavoro svolto per quella particolare manifestazione, ma è anche non facilissimo dal punto di vista tecnico-giuridico. Però la legge anticorruzione del 2012 prevede che possano essere inserite nei contratti clausole tipo patti di integrità, che consentono la revoca del contratto laddove si ravvisino fatti di corruzione. Il problema nella fattispecie è che molti appalti sono precedenti all’introduzione della norma, e che molti soggetti appaltanti, purtroppo, non si stanno adeguando. Quindi torniamo al discorso di prima: è un problema solo di norme? Io faccio fatica a crederlo, francamente».
Un settore, quello degli appalti pubblici, che fornisce notizie di cronaca nera a ritmo quasi quotidiano esige un intervento immediato, su questo tutti concordano. Sulle modalità più opportune l’impressione è che si discuterà ancora per un pò.
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