In Iraq rallenta l’offensiva congiunta dell’esercito iracheno e dei peshmerga curdi verso Mosul, la più grande città ancora in mano ai jihadisti dell’ISIS.
Secondo un’inviata della tv panaraba al-Arabiya, le truppe curde, in marcia da est, si sono fermate a una quindicina di chilometri dalla città dopo aver preso il controllo di 8-10 villaggi alla periferia est. Ma i miliziani dello Stato islamico non sono stati ancora messi tutti in fuga: ancora stamattina, accanto alle bandiere del Kurdistan iracheno, si vedeva salire il fumo degli incendi appiccati dai jihadisti.
I peshmerga, in particolare, non hanno ancora preso il controllo di Bartella, un villaggio abitato da una consistente comunità cristiana.
Secondo la tv curda Rudaw, l’esercito regolare iracheno sta intanto avanzando “lentamente” da sud. Lentamente perché le truppe di Baghdad sono costrette, villaggio dopo villaggio, a bonificare il terreno dalle trappole esplosive lasciate dai miliziani in ritirata, il tutto sotto la minaccia costante di cecchini e attentatori suicidi. Non si tratta di una “passeggiata verso Mosul”, sintetizza l’emittente dei curdi, ma di “un’avanzata lenta”.
Novità sulla lotta all’ISIS arrivano anche dalla Siria. Alle dieci di stamattina la Russia ha sospeso i bombardamenti aerei, condotti insieme all’aviazione del regime di Bashar al-Assad, nella regione di Aleppo.
“La cessazione anticipata dei raid aerei – ha detto il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu – è necessaria per introdurre la pausa umanitaria il 20 ottobre”. A Losanna, dove intanto si continua a trattare, si è deciso di far tacere le armi per otto ore dalle 8 di mattina alle 16 di giovedì per evacuare i feriti e permettere ai miliziani di ritirarsi. Lo ha annunciato il generale russo Sergej Rudskoi, citato dall’agenzia TASS.
“Nonostante i partner americani abbiano rinunciato alla separazione dei terroristi dall’opposizione moderata”, ha detto Rudskoi, “la Federazione Russa sta lavorando insieme all’ONU e ai paesi che hanno un’influenza su al-Nusra per il ritiro da Aleppo delle formazioni di quest’ultima, in conformità all’iniziativa dell’inviato speciale dell’ONU in Siria Staffan de Mistura”.
Non tutti, comunque, sono convinti che l’accordo preso a Losanna sia sufficiente. “Accoglieremmo con favore qualunque pausa nei combattimenti – ha detto Stéphane Dujarric, il portavoce del Segretario Generale ONU Ban Ki-moon – ma c’è bisogno di una tregua più lunga al fine di portare gli aiuti”.
Anche la Cancelliera federale tedesca Angela Merkel non esclude ancora la possibilità di punire Mosca con nuove sanzioni, come detto ieri dal suo portavoce Steffen Seibert. “Ma la priorità”, ha precisato, è di “diminuire la sofferenza della gente in qualsiasi modo”. Di questo – e di molto altro – si parlerà domani a Berlino, dov’è stato indetto un vertice in formato Normandia con i rappresentanti di Russia, Francia e Ucraina.
Intanto il Commissario UE per la Sicurezza, l’inglese Julian King, ha concesso un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt in cui mette in guardia dal rischio che una prossima caduta di Mosul provochi un’ondata di ritorno di foreign fighter in Europa. “Al momento ci sono ancora 2 500 combattenti ISIS provenienti dai Paesi UE”, dice King, ex ambasciatore del Regno Unito a Dublino e a Parigi. La minaccia è “molto seria”. Ma le esperienze passate sostengono solo in parte la tesi più pessimistica: quando cadde il regime dei Talebani in Afghanistan, per esempio, “solo alcuni combattenti” tornarono in patria. “Non dovremmo sopravvalutare il pericolo”, conclude il Commissario, che definisce “molto improbabile” un “esodo di massa” di jihadisti verso l’Europa.
F.M.R.
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