Ha fatto il giro del mondo la storia del pianista di guerra, Aeham Ahmad, siriano, di origine palestinese, che nel campo profughi di Yarmuk suonava per i sopravvissuti. Poi, il suo pianoforte è stato distrutto dagli uomini dell’Isis. Ma lui non si è rassegnato, ha continuato a suonare con altri strumenti, sui tetti delle case, finché è dovuto fuggire.
Anche quella di Ahmad è una colonna sonora di una storia di dolore e di violenza tra brani di Beethoven, di Chopin e non solo. Una luce nell’oscurità, perché si sa, la bellezza redime, mostra che, nonostante tutto, la vita ha un valore che va al di là delle peggiori circostanze.
La storia di Ahmad ci ricorda un film del’1997, “Paradise road”, diretto da Bruce Beresford. Ambientato nel periodo della seconda guerra mondiale, racconta la storia di un gruppo di detenute occidentali in un lager giapponese. Le donne danno vita a un coro, attraverso la musica cercano di sopportare le angherie dei carcerieri, con il risultato che, cantando, anche gli aguzzini hanno un momento di ripensamento, breve, ma significativo. Forse questo ci spiega perché i terroristi dell’Isis hanno bruciato il pianoforte di Ahmad, la musica, in taluni casi, manda messaggi così forti che può far paura.
Shopenhauer lo aveva capito. La musica non esprime una gioia determinata o una tristezza particolare, instilla in noi la serenità in sé, la speranza senza ragione, la Melanconia che è nostalgia dell’infinito.
La forza drammatica della musica classica è stata coprotagonista di grandi film, co-narratrice di grandi storie, ha prodotto significato laddove il livello verbale mostrava i suoi limiti proprio perché più ricca a livello simbolico. La musica, nel cinema, è il linguaggio non verbale privilegiato perché di-svela il significato più profondo di una storia, lo traspone su un piano completamente diverso, conferisce un’atmosfera.
Non è un’invenzione dei nostri tempi che risale alla nascita del sonoro nel cinema. Fu Nietsche a mettere in evidenza come il Coro tragico dei Greci assumesse un ruolo più antico, più originale, più importante della stessa azione.
La Musica si muove in un “comune sentire”,poiché esprime un linguaggio che viene prima del linguaggio stesso, che supera la forza della parola votata al significato immediato. E’ la lingua universale dell’amore e del dolore.
Cosa sarebbe un film come “ Il Pianista” di Roman Polanski senza le Melodie di Chopin? La musica ha creato un ponte tra il protagonista polacco ed ebreo in fuga
dalla persecuzione antisemita e il generale nazista che decide di salvarlo. Nell’ultima scena, il pianista torna a suonare Chopin alla radio. Quella musica, il primo piano del viso, gli occhi lucidi, commossi ci aiutano a comprendere in un attimo tutta la portata della sofferenza attraverso la quale è passato il protagonista.
“Penso a ciò che ha detto Lenin sull’Appassionata di Beethoven. “ Non devo ascoltarla o non terminerò la Rivoluzione”. Ma come fa chi ha ascoltato questa musica, ma veramente ascoltato, a rimanere cattivo? La citazione è di Sebastian, il protagonista del toccante film “ La vita degli altri” di Florian Henckel von Donnersmark in cui il brano musicale riesce a sintetizzare il significato profondo dell’intera storia.
Dolore e amore, guerra, totalitarismi,lager, la musica si muove bene in questi scenari della storia occidentale del XX secolo, nei momenti in cui si consumano gli orrori, i grandi brani diventano una sorta di rassicurazione circa il destino umano e un invito alla speranza.
Il pluripremiato film del 2009 “ Il concerto” del regista rumeno–francese Radu Mihăileanu ne è una prova a dir poco emozionante.
Nel film “Le ali della liberta” Frank Darabont vediamo come un brano di Mozart riesca ad attirare, a raccogliere in un silenzioso raccoglimento i detenuti di un carcere disumano nel film “le Ale della Libertà”. La barcarola di Offenbach risuona nel lager di Auschwitz e grida alla speranza nel film di Roberto Benigni “ La vita è bella”. Gli esempi potrebbero proseguire all’infinito.
La continuano a chiamare classica per dire, soprattutto in Italia, vecchia, incapace di comunicare nei nostri tempi perché legata a un mondo che non esiste più, ma la musica diventa classica proprio nel momento in cui mantiene nel tempo la sua enorme capacità di comunicare.
Alessandra Caneva
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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