A Napoli il ramadan oggi si vive anche nei rioni. Tra un’invocazione alla Madonna del Carmine, un kebab e una pizza il cuore partenopeo si volge in maniera sempre meno latente al vicino oriente islamico e si adatta ad un processo di acculturazione sbarcato grazie alle migrazioni fattesi ultimamente incontenibili.
A documentarlo, dopo quasi 7 anni di osservazione e lavoro, è Ernesto Pagano, giornalista di Report, che ha raccolto l’esperienza sempre più diffusa dei partenopei convertiti all’Islam in un film dal titolo “Napolislam”, attualmente proiettato in diverse sale italiane.
Si tratta di un documentario che racconta la storia di 10 persone comuni della Napoli caotica e ordinaria, che hanno scelto di seguire gli insegnamenti del Corano e che ogni giorno indirizzano le loro preghiere ad Allah, anche nel bel mezzo della piazza del mercato.
Che Napoli con i suoi colori, odori forti, rumori e grida, somigliasse per certi aspetti ad una città saracena si sapeva. Ora però sono proprio i suoi abitanti a volgere uno sguardo affascinato al mondo islamico. E a dispetto della cronaca più attuale, l’interesse di questi napoletani non ha nulla a che vedere con il terrore, ma al contrario rientra nella sfera spirituale e per estensione in quella sociale della vita quotidiana.
Così Amina, al secolo Alessandra, indossa felice il suo hijab di fronte alla madre contrariata e incredula e spiega che così si sente più sicura. Mentre Francesco, che in Italia ha conseguito solo la V elementare, ora conosce perfettamente l’arabo classico del Corano, ha una lunga e folta barba e catechizza le sorelle. Danilo Alì invece rappa in perfetto dialetto napoletano, ma parla di Allah e di lotta alla camorra.
Pagano ha ripreso le giornate di questi comuni napoletani islamici che adattano ai precetti del Corano le loro vite e i ritmi un po’ disordinati di una delle più eclettiche città italiane, senza apparente conflitto. Anzi la loro sembra quasi una silenziosa e sotterranea lotta alla delinquenza e alla criminalità organizzata che opprime prima di tutto gli stessi napoletani. Perché l’Allah in cui credono loro non è quello dell’attentato a Charlie Hebdo e il regista lo mostra riprendendo i suoi protagonisti proprio nei giorni e nei momenti dell’atto terroristico. “Un momento” dice Pagano “più che mai attuale per guardare da vicino chi ha scelto la conversione e avere maggiori elementi per farsi un’idea del perché sempre più occidentali, al di là del jihad, stanno abbracciando il messaggio del Corano. Con i suoi vicoli e i suoi campanili a forma di minareto, Napoli ci ricorda che la sua islamizzazione la sta già vivendo: dipende solo da quale prospettiva guardiamo la città. Trovare dei napoletani veraci con le barbe lunghe o lo hijab produce la sensazione di trovarsi già in una città islamica, a “Napolislam” appunto: avanguardia ipotetica di un’Europa che si sta lentamente islamizzando”.
L’animo dei napoletani ha certamente molti lati in comune con quello di diversi popoli e religioni del sud del mondo ed ha anche la straordinaria capacità di saper accogliere, interagire e integrare nel proprio tessuto sociale culture differenti con grande disinvoltura. Per questo parlare di islamizzazione del napoletano è forse prematuro, ma resta significativa la testimonianza e l’esperienza di quanti, in un modo o nell’altro, cercano di sfuggire ad un sistema corrotto che sempre più tende all’annientamento dei valori più profondi, sani e belli dell’uomo in se stesso.
Vania Amitrano
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