L’Italia dovrà pagare 20 mila euro di “danni morali” per non aver concesso il ricongiungimento familiare a una coppia di uomini. Lo ha stabilito la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Se nessuna delle due parti presenterà ricorso in appello, la sentenza sarà definitiva fra tre mesi.
I fatti contestati risalgono al 2003. L’italiano Roberto Taddeucci e il neozelandese Douglas McCall – che vivevano insieme in Nuova Zelanda da quattro anni – avevano deciso di trasferirsi in Italia a causa dello stato di salute di Taddeucci. McCall richiese alle autorità italiane un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, che non gli fu concesso.
Nel ricorso a Strasburgo, presentato nel 2009, i due sostengono di essere stati vittime di una discriminazione basata sull’orientamento sessuale. E oggi i giudici di Strasburgo hanno dato loro ragione: a maggioranza di sei contro uno, il panel che ha esaminato gli atti ha giudicato che si è trattato di una “discriminazione ingiustificata”.
“La situazione di Taddeucci e McCall, una coppia omosessuale, non poteva essere equiparata a quella di una coppia non sposata eterosessuale”, si legge nella sentenza. “Non potendosi sposare e nell’impossibilità di ottenere in quegli anni in Italia qualsiasi altro riconoscimento formale della loro unione, i due uomini non potevano essere classificati come sposi”, e “l’interpretazione restrittiva della nozione di membro di famiglia era per le coppie omosessuali un ostacolo insormontabile nell’ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare”.
Nel caso delle coppie omosessuali, paradossalmente, la discriminazione stava nell’applicare esattamente lo stesso metro di giudizio delle coppie composte da un uomo e una donna: concedere il ricongiungimento familiare solo alle coppie riconosciute. Ma fino a giugno di quest’anno, l’ordinamento dello Stato italiano non prevedeva alcuna forma di riconoscimento per le coppie omosessuali, e quindi ogni richiesta di ricongiungimento da parte di coppie dello stesso sesso era destinata a non essere accolta. Per questo, secondo i giudici, lo Stato italiano “ha violato il diritto di Taddeucci e McCall a non essere discriminati sulla base dell’orientamento sessuale nel godimento del loro diritto al rispetto della vita familiare”.
F.M.R.
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