Tutti d’accordo sul terzo salvataggio della Grecia. Dopo 17 ore di trattative, i capi di Stato e di governo dell’Eurozona hanno ottenuto un’intesa all’unanimità, annunciata nelle prime ore di stamattina.
Svanisce quindi, almeno per il prossimo futuro, lo spettro del Grexit, e le borse esultano. Ma le condizioni richieste dagli altri Stati per concedere un nuovo prestito ad Atene, del valore di 82-86 miliardi di euro, fanno storcere il naso a molti, soprattutto all’interno della coalizione che sostiene il governo greco, e per il premier Alexis Tsipras si preannuncia una settimana di battaglie parlamentari senza esclusione di colpi.
Per recuperare la fiducia dei creditori, andata in frantumi dopo il referendum di due domeniche fa, la Grecia dovrà approvare un pacchetto di riforme entro mercoledì. Solo allora i parlamenti degli altri Stati voteranno per ratificare l’accordo.
In 48 ore il parlamento unicamerale ellenico dovrà approvare le riforme dell’IVA, delle pensioni e dell’ELSTAT, l’equivalente greco dell’Istat. Ad Atene sono concessi altri sette giorni per adottare il nuovo Codice di procedura civile e ricevere la direttiva europea sul salvataggio delle banche.
Alla fine delle trattative, Tsipras ha dovuto cedere terreno su tutti i fronti. L’unica concessione di un certo rilievo che è riuscito a spuntare riguarda il fondo fiduciario che si occuperà di liquidare asset del Tesoro: si farà, ma avrà sede in Grecia, non in Lussemburgo come proposto all’inizio, e sarà gestito da greci.
In realtà il primo ministro ha ottenuto anche la promessa di tornare a trattare sulla sostenibilità del debito estero di Atene, ma solo dopo aver applicato le riforme concordate. La Grecia probabilmente riuscirà a spuntare un haircut, ma non c’è ancora alcunché di definitivo, e sicuramente prima che si prenda una decisione passerà altro tempo.
Non tutti i sostenitori di Tsipras hanno accolto l’annuncio dell’intesa con entusiasmo. Ad esempio il ministro dell’Energia, il leader degli “intransigenti” Panagiotis Lafazaris, ha definito l’accordo “umiliante”.
In altri termini, per il premier far approvare le riforme concordate non sarà affatto scontato. La fazione intransigente ha numerosi esponenti, fra cui anche la presidente del Parlamento Zoi Konstantopoulou, e promette battaglia.
Quello che appare scontato è che il governo abbia bisogno dell’appoggio esterno di altri partiti favorevoli all’accordo: è già successo venerdì sera, quando Tsipras è andato in minoranza sull’approvazione dell’ultima proposta poi presentata all’Eurogruppo, ed è stato tenuto a galla dai voti di To Potami, Nea Dimokratia e PASOK. Se questa situazione di fatto continuerà nei prossimi giorni, non mancheranno conseguenze politiche: una nuova maggioranza a sostegno di un governo di unità nazionale, magari guidato ancora da Tsipras ma con un consistente rimpasto, oppure la sfiducia al governo ed elezioni anticipate, che potrebbero avere esiti imprevedibili.
Grande soddisfazione, invece, è stata espressa dai protagonisti delle trattative. Il primo ad annunciare l’accordo su Twitter è stato il premier belga Charles Michel.
“L’accordo è stato laborioso e ha richiesto tempo ma siamo soddisfatti: non ci sarà nessuna Grexit”, ha riferito in conferenza stampa il presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker, mentre Donald Tusk, presidente del Consiglio UE, ha trovato spazio per una battuta su un agreekment, giocando sull’assonanza tra Greek (“greco”) e agreement (“accordo”).
A interpretare la parte dei “poliziotti cattivi” sono stati come d’abitudine il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che ha ammonito il parlamento greco – “Dovrà legiferare rapidamente” – e la cancelliera federale tedesca Angela Merkel – “La strada sarà lunga e difficile”.
È stata proprio la cancelliera a spiegare che l’entità del salvataggio sarà definita fra 82 e 86 miliardi di euro, dei quali 24 andranno alle banche, e a lasciar intendere che ad Atene torneranno gli ispettori della Troika.
Tanta soddisfazione non deve però far credere che il lavoro sia finito. Oggi, alle 15, l’Eurogruppo si riunirà di nuovo per affrontare la questione di un prestito ponte da concedere alla Grecia per le prossime scadenze, ormai vicinissime.
Lunedì 20 luglio, infatti, Atene dovrà rimborsare una rata di un precedente salvataggio alla BCE, pari a 3,5 miliardi di euro. Lo stesso giorno è il termine fissato dal FMI per la fine della procedura di messa in mora sulla rata da 1,6 miliardi scaduta lo scorso 30 giugno: se per quella data il Fondo non avrà ricevuto il dovuto, Atene sarà dichiarata insolvente.
F.M.R.
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