Al secolo fa Antonio Signore. Ma il cognome poco ha a che fare con il suo atteggiamento misogino, così dicono, di chi per ‘spaccare’ nel mondo dei rap e della musical trap calca la scena con indosso una maschera antigas.
Romano, quasi trentenne, in arte è Junior Cally, in omaggio al celebre cantante reggae giamaicano Junior Kelly.
“Lei si chiama Gioia / balla mezza nuda, dopo te la dà / Si chiama Gioia perché fa la troia / L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa / c’ho rivestito la maschera”. Questo scriveva in un brano del 2017 intitolato ‘Strega’. Ora Cally vuole salire sul palco dell’Ariston, quello che ogni anno, dal 1951, ospita il Festival di Sanremo.
La canzone che lo ha bollato come hater del sesso debole è datata, ma “la credibilità di chi canta”, secondo il presidente della Rai Marcello Foa “deve rientrare fra i criteri di selezione. Chi nelle canzoni esalta la denigrazione delle donne e persino la violenza omicida, e ancora oggi giustifica quei testi avanzando pretese artistiche, non dovrebbe beneficiare di una ribalta nazionale”. Ecco perché la presenza di Junior Cally ora, a quindici giorni dall’inizio della manifestazione canora, è nel pieno di un ciclone di polemiche.
“No grazie”. Lo ha detto il presidente con l’ufficio in viale Mazzini, in merito all’invito di questo singolare artista della cui vita non si sa nulla come anche del suo volto mai mostrato al pubblico. “Speriamo che il direttore artistico (Amadeus, ndr), che gode di stima anche per essere persona moderata e di buon senso, sappia riportare il Festival nella sua giusta dimensione”, si augura Foa sottolineando che “scelte come quella di Junior Cally sono eticamente inaccettabili per la stragrande maggioranza degli italiani”, anche perché “il Festival, tanto più in occasione del suo 70esimo anniversario, deve rappresentare un momento di condivisione di valori, di sano svago e di unione nazionale, nel rispetto del mandato di servizio pubblico”-
“No grazie” è anche il titolo del nuovo brano che il rapper romano presenterà a Sanremo. Delle sue rime antipopuliste si è venuti a conoscenza solo il 16 gennaio da un’intervista al Corriere della Sera. Ed ecco che il giorno successivo si accendono polemiche legate a canzoni pubblicate in precedenza, “in un età – spiega il suo ufficio stampa – in cui Junior Cally era più giovane e le sue rime erano su temi diversi da quelli di oggi”. E precisa pure, in merito ai presunti contenuti contestati dei suoi testi, che l’artista “è contro il sessismo, i passi avanti o indietro, e ovviamente – sembra banale dirlo, ma non lo è – contro la violenza sulle donne”.
Allora, se oggi il sessismo nei suoi testi è morto e sepolto, in un’epoca di sardine scatenate potrebbe la sua presenza a Sanremo essere una chiamata politica? Tanto più che la sua nuova canzone pare si rivolga ai due Matteo nazionali, quelli che più danno fastidio alle attuali forze al governo.
Ora ci chiediamo: nel 2020, il Festival della canzone italiana deve essere ancor quello di quando è nato 70 anni fa, vale a dire quello in cui la colomba volava bianca e alta nel cielo, le ragazze a 18 anni non avevano ancora l’età, mamma rimava con fiamma e cuore con amore, ciò che negli anni 50 rappresentava realmente la società italiana? Oppure deve rappresentare con le sue canzoni schiettamente di autori italiani, anche giovani, la società confusa, incattivita e lacerata del Millennio in cui viviamo? Insomma, i fotoromanzi con Rita Pavone e Gianni Morandi giovani, o la realtà del momento?
Va tutto bene, basta deciderlo.
Alessandra Binazzi
Giornalista per caso. Anni di ufficio stampa in pubbliche istituzioni, dove si legge e si scrive solo su precisi argomenti e seguendo ferree indicazioni. Poi, l'opportunità di iniziare veramente a scrivere. Di cosa? di tutto un po', convinta, e sempre di più, che informare correttamente è un servizio utile, in certi casi indispensabile.
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