Gli USA di Donald Trump sarebbero pronti a lanciare un attacco preventivo contro la Corea del Nord. L’annuncio, accolto con preoccupazione in tutto il mondo, viene dalla NBC.
Secondo la rete americana, che cita più fonti dell’intelligence, i responsabili politici – Trump in primis – meditano di attaccare per primi, per non dar modo al regime di Kim Jong-un di svolgere nuovi test nucleari, appena i servizi d’informazione saranno ragionevolmente certi che questi test siano imminenti. E alcuni analisti credono che un esperimento da parte di Pyongyang possa verificarsi già questo fine settimana.
Gli attacchi sarebbero condotti con armi convenzionali, missili Tomahawk lanciati da due cacciatorpediniere al largo della penisola coreana.
Il Pentagono non ha commentato l’indiscrezione. La Corea del nord, invece, giura come sempre di essere pronta a reagire. Il viceministro degli Esteri Han Ryol, intervistato dall’Associated Press, assicura che le forze di Pyongyang non terranno “le braccia incrociate”, ma scenderanno in guerra se gli USA “lo sceglieranno”, e ha promessi che continueranno a sperimentare armi nucleari quando e come lo riterranno opportuno. Han ha accusato Trump di aver creato un “circolo vizioso” di tensioni militari, paragonando la sua politica a quella di Barack Obama e trovandola “più violenta e aggressiva”.
Chi invece commenta è la Cina, l’unico alleato della Corea del nord. Il ministro degli Esteri Wang Yi, in una conferenza stampa congiunta con il suo collega francese Jean-Marc Ayrault, avverte che in un’eventuale seconda guerra di Corea – combattuta questa volta fra due potenze nucleari, sebbene una sia chiaramente più forte dell’altra – “non ci possono essere vincitori”.
Invitiamo tutte le parti a smettere di provocare e minacciarsi a vicenda e a non permettere che la situazione diventi irreparabile e fuori controllo.
Anche dalla Russia Dmitri Peskov, il portavoce del presidente Vladimir Putin, tradisce una certa apprensione.
È con grande preoccupazione che stiamo guardando l’escalation delle tensioni nella penisola coreana: invitiamo tutti i Paesi a dar prova di moderazione e ammoniamo contro qualsiasi azione che potrebbe portare a misure provocatorie.
Tra ieri e oggi, molti hanno temuto che gli USA avessero spedito un avvertimento a Pyongyang dall’Afghanistan. Nella provincia di Nangarhar, ai confini con il Pakistan, un aereo MC-130 ha sganciato per la prima volta la superbomba MOAB contro miliziani affiliati all’ISIS. L’acronimo nel nome è volutamente ambiguo: si scrive Massive Ordnance Air Blast, ma si legge anche Mother of all bombs, “la madre di tutte le bombe”. È l’ordigno più potente mai usato in combattimento dopo le bombe atomiche: pesa quasi dieci tonnellate, ogni esemplare – ne dovrebbe esistere una quindicina – costa circa 16 milioni di dollari, ma la sua esplosione polverizza tutto nel raggio di 150 metri. Il prototipo è stato messo a punto nel 2003, ai tempi della guerra in Iraq e della tattica shock and awe, con l’intento dichiarato di fare tanta paura quanti danni materiali.
Il ministero della Difesa di Kabul ha dichiarato che a Nangarhar la superbomba “ha causato la morte di 36 miliziani dell’ISIS”.
L’operazione è stata salutata come un successo da Trump, ma alcuni analisti hanno notato una certa sproporzione fra i mezzi impiegati e la potenza della superbomba. E questo li ha indotti a pensare che sia stata usata per far arrivare un messaggio a Pyongyang.
In realtà, però, la superbomba non sarebbe molto utile contro la Corea del nord. Per prima cosa, comporta uno spreco di risorse: soldi pubblici ed esplosivo, che farebbe tanto più danno alle installazioni a terra se fosse frazionato in molti ordigni più piccoli. Poi, le sue dimensioni la rendono poco pratica: non si può montare sui bombardieri, ma solo su cargo come l’MC-130 usato in Afghanistan. Un aereo che la contraerea coreana non avrebbe problemi ad abbattere a distanza di sicurezza dalla costa.
Resta l’effetto psicologico; ma i generali di Kim sono senza dubbio in grado di capire e spiegare i suoi punti deboli, e la censura del regime impedirà alla notizia di filtrare e spaventare la popolazione civile della Corea del nord.
La decisione di usarla contro i jihadisti, oltretutto, dovrebbe essere stata presa in loco, e non alla Casa Bianca. Nella sua conferenza stampa, Trump ha ricordato ai giornalisti che il comando USA in Afghanistan ha la massima autonomia, quella che in gergo si definisce “autorizzazione totale”. È credibile allora la versione del portavoce Sean Spicer: la superbomba sarebbe servita a distruggere una rete di “tunnel e grotte usate dai miliziani dell’ISIS”, sfruttando l’onda d’urto di un’esplosione così forte. Tunnel e grotte che offrono poca resistenza e si trovano in una regione montuosa e semidesertica, dove l’esplosione non rischia di abbattere case e uccidere civili.
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