“Rischiamo una profonda crisi economica se non si sblocca lo stallo sul debito, chiamate i vostri rappresentanti al Congresso per convincerli ad agire”. Barack Obama parla alla nazione per uscire dalla crisi che può “provocare il primo default degli Stati Uniti nella storia”. Invoca un compromesso bipartisan. Ma alla fine del suo discorso, gli risponde a muso duro il presidente della Camera, John Boehner, che guida la maggioranza repubblicana: è un no secco, la destra rifiuta di cooperare, insiste su una manovra fatta solo di tagli alla spesa sociale. eppure, il richiamo di Obama ai cittadini non è stato inutile: un’ora dopo il suo discorso, la rete tv Msnbc ha segnalato che il sito della Camera era andato in tilt, per le troppe email inviate ai parlamentari.
Il discorso di Obama è stato chiaro. Parte dalla storia di questa immenso debito pubblico, 14.300 miliardi di dollari. Chi lo ha costruito? Non lui ma il suo predecessore di destra. “Nel 2000 il bilancio pubblico era in attivo, poi sono venute due guerre pagate con la carta di credito, e mi sono trovato con un deficit corrente di mille miliardi solo nell’anno in cui sono entrato alla Casa Bianca”. Alzare il tetto del debito, spiega Obama, è un atto dovuto per consentire che il Tesoro continui a rifinanziarsi, “non è un lasciapassare per continuare a spendere di più”. Non alzare quel tetto del debito, significa che il 2 agosto l’America non sarà più in grado di onorare i suoi obblighi: con i pensionati, i dipendenti pubblici, i creditori nazionali e stranieri. “Aumenterebbero i tassi d’interesse, il costo dei mutui e dei prestiti agli studenti, del credito alle piccole imprese, e alla fine si perderebbero posti di lavoro”. “Nessun partito – continua – è al di sopra delle critiche, nessuna parte è immune da responsabilità”. Illustra il suo approccio, che coincide col piano di risanamento presentato al Senato dove i democratici hanno la maggioranza: “Ridurre il deficit operando tagli dolorosi anche alla sanità e alle pensioni, portando le spese sociali al livello più basso dagli anni Cinquanta, ma al tempo stesso chiedendo a tutti di contribuire, con l’eliminazione di privilegi fiscali per i più ricchi e le grandi imprese, perché non è tollerabile che i chief executive degli hedge fund paghino meno tasse delle loro segretarie”. E’ l’approccio “bilanciato, equilibrato, equo” che Obama sostiene di aver condiviso inizialmente con Boehner, fino a quando il presidente della Camera è stato bloccato dai veti di una “fazione”. Ma è l’unico momento polemico nel discorso presidenziale. “Nel mio piano – ricorda Obama – il 98% degli americani non subirebbero aumenti d’imposte”. Cita un illustre predecessore che disse: “Non preferireste ridurre il deficit chiamando a contribuzione quelli che non pagano abbastanza?” Quel predecessore era Ronald Reagan, il padre storico del movimento neoconservatore. Lo stesso Reagan che “alzò il tetto del debito pubblico 18 volte”. Obama conclude ricordando i costi immensi a cui andrebbe incontro l’America “se subirà il primodowngrading della sua storia”. Ribadisce che è inaccettabile il piano Boehner, che alzerebbe il tetto del debito solo per pochi mesi: “I mercati non ci crederebbero, è un gioco pericoloso, che nessuno ha mai osato prima”. Si appella ai cittadini che lo ascoltano: “Se siete a favore del mio approccio equo ed equilibrato, chiamate i vostri rappresentanti al Parlamento, fate sentire la vostra voce. Il mondo ci guarda, facciamo vedere che l’America è ancora capace di unirsi come una nazione sola”. Ma appena prende la parola Boehner ogni speranza si dissolve. In sette minuti d’intervento il presidente della Camera passa in rassegna tutti i luoghi comuni della retorica anti-tasse e anti-Stato. Ricorda di essere “un piccolo imprenditore dell’Ohio”, cioè uno che capisce la logica dei numeri, a differenza dei politicanti di Washington. Sottolinea che “più lo Stato diventa grosso, più diventano piccoli gli americani”. E’ ora che il governo “smetta di vivere al di sopra dei suoi mezzi, spendendo più di quanto incassa”. Rilancia il suo piano fatto di soli tagli alle spese (1.000 miliardi), con in più l’emendamento costituzionale che imponga il pareggio di bilancio. E’ un piano che Obama ha già bocciato annunciando che vi porrà il suo veto se mai arrivasse sulla scrivania presidenziale. Le due parti sono distanti come prima. Obama non anticipa quel che potrebbe escogitare, da qui al fatidico 2 agosto, se la situazione rimarrà quella fotografata dai due discorsi contrapposti.
Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *
Salva il mio nome, email e sito web in questo browser per la prossima volta che commento.
Δ
Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.
© Copyright 2020 - Scelgo News - Direttore Vincenzo Cirillo - numero di registrazione n. 313 del 27-10-2011 | P.iva 14091371006 | Privacy Policy