L’Ocse ha rivisto al rialzo le stime di crescita del Pil per Italia, Francia e Germania. Ancora una volta, a fare da traino alla crescita sono le politiche di allentamento quantitativo e la flessione del prezzo del petrolio, giudicati fattori “immediati” e positivi per un’economia in cui le esportazioni giocano un ruolo rilevante. Tuttavia, si legge nell’Interim Economic Assessment diffuso oggi dall’Organizzazione, “il ritmo di espansione rimane modesto nel breve periodo”.
Non c’è spazio quindi per “l’autocompiacimento”, ha affermato il capo economista dell’Ocse Catherine Mann. Se è vero che la flessione dei prezzi e le politiche monetarie hanno portato l’economia mondiale a un “punto di svolta”, fare eccessivo affidamento a queste misure sta “costruendo rischi finanziari, che non rilanciano ancora gli investimenti di affari”. Bisogna dunque aggiustare il tiro degli interventi, con un approccio “più equilibrato, sfruttando al massimo le riforme strutturali e di bilancio” che sostengano le finanze pubbliche nel lungo termine.
Secondo le valutazioni diffuse oggi, l’area dell’euro è destinata a crescere a un tasso dell’1,4 per cento nel 2015, e del 2 per cento nel 2016. Le prospettive di crescita variano tra le maggiori economie dell’area dell’euro: per la Germania si prevede una crescita del 1,7 per cento nel 2015 e 2,2 per cento nel 2016; per la Francia dell’1,1 per cento nel 2015 dell’1,7 per cento nel 2016, mentre l’Italia vedrà un tasso di crescita dello 0,6 per cento nel 2015 e dell’1,3 per cento nel 2016. E proprio per quanto riguarda l’economia italiana, va registrata una variazione in positivo rispetto alla rilevazione precedente di diversi punti: il Pil per il 2015, lo scorso novembre, si fermava a un +0,2%, mentre quello per il 2016 non andava oltre il +1,3%.
Sempre Mann, illustrando alla stampa i dati presentati, ha spiegato che l’Italia è passata da “uno stallo sulle riforme a un passo ottimale”. Questo ha giustificato la maggior positività sulle prospettive future: “in Italia – ha aggiunto – ci sono una serie di riforme strutturali in via di implementazione, e questo è positivo. In precedenza gli sforzi sono stati limitati, quindi ora c’è più bisogno di intervenire”.
Soprattutto, affinché la ripresa globale sia “reale e sentita in modo più ampio” a dover aumentare sono “i salari”. Tra 2010 e 2014, infatti, la produttività è aumentata in modo rilevante ma a questa non è corrisposto l’aumento dei salari che invece è stato “molto ridotto”.
Un passaggio, poi, sui benefici che la Ue potrebbe trarre da una “armonizzazione delle regole” economiche e fiscali. Per il capo economista, la riduzione di un quinto delle differenze tra le norme degli stati membri, porterebbe a un incremento degli investimenti esteri diretti all’interno dell’Unione del 25%, e incrementerebbe il commercio tra gli Stati del 15%. Una stoccata – sul piano tecnico – a una Unione che oltre la moneta unica non è ancora stata in grado di andare.
Per il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan i segnali di ripresa sono chiari “ed è intenzione del governo volerla rafforzare proseguendo con le riforme strutturali”.
Anche il numero uno di via XX Settembre, che questa mattina ha partecipato al comitato esecutivo dell’Abi, ha ribadito l’importanza di “non rilassarci”. “Che c’e’ la ripresa non lo dico io ma tutte le istituzioni internazionali”, per questo, e ribadendo l’importanza del sistema bancario italiano, bisogna “contare sulla finestra di opportunità macroeconomica che si è aperta in questi mesi”. “In questo contesto il sistema bancario e’ un elemento fondamentale – ha continuato Padoan – Anche per il sistema bancario il governo ha introdotto misure importanti volte al suo rafforzamento, come il decreto relativo alle banche popolari”. Nel contempo, il governo sta “prendendo in esame altre possibili misure che facilitino la ripresa lungo linee più normali dell’attività di credito” contrastando il problema delle sofferenze bancarie che, come evidenziato dall’associazione nei giorni scorsi, è ancora in aumento.
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