Urne aperte dalle 7.30 di stamattina per le elezioni politiche in Olanda. È il primo di una serie di appuntamenti dal cui esito dipenderanno i prossimi sviluppi politici in Europa.
13 milioni di elettori sono chiamati a decidere la composizione della camera bassa del parlamento dell’Aia per i prossimi quattro anni. I 150 seggi sono assegnati con il sistema proporzionale, e quindi è molto probabile che per ottenere una maggioranza in grado di governare si debba costituire una coalizione dopo le elezioni.
Il governo uscente, una coalizione fra il Partito popolare per la libertà e la democrazia (VVD) del premier Mark Rutte e i laburisti, ha rimesso a posto i conti dello Stato e portato la disoccupazione al 5,3%, il livello più basso da anni, al prezzo di riforme impopolari. Anche per questo gli analisti si aspettano un’impennata del Partito per la libertà (PVV), la formazione xenofoba e antieuropea guidata da Geert Wilders.
Nella galassia dei populismi di destra europei, Wilders si distingue come uno dei più radicali: in un Paese con una secolare tradizione di tolleranza, dove il 22% degli abitanti ha origini straniere, ha proposto di chiudere tutte le moschee e vietare il Corano.
È quasi impossibile che vinca le elezioni: gli altri partiti hanno promesso che non si alleeranno con lui. Ma in un panorama fatto di partiti medio-piccoli, com’è per tradizione quello olandese, il suo potrebbe essere il più votato (l’ultima volta, alle europee del 2014, ha avuto il 17% dei consensi). E un obiettivo concreto l’ha già portato a casa: spostare a destra l’asse del dibattito politico nel Paese, mettendo i partiti di sinistra e di centrosinistra ancora più in crisi di quanto non siano nel resto d’Europa.
La misura effettiva dei consensi di cui gode Wilders potrebbe dare indicazioni importanti sulle tendenze politiche del momento. Dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump negli USA, e pochi mesi prima delle presidenziali in Francia e delle politiche in Germania, se si affermasse il PVV “la gente inizierebbe a dire che è caduta un’altra tessera del domino, non importa chi poi governerà davvero”, come ha detto Rutte, citato da un articolo pubblicato lunedì su the Atlantic.
La gente direbbe che dopo Brexit e dopo gli Stati Uniti è arrivato il turno dei Paesi Bassi, e poi forse arriverà quello della Francia, della Germania e dell’Italia.
È opinione diffusa che la crisi diplomatica fra Turchia e Olanda degli ultimi giorni sia nata dal tentativo, da parte del governo Rutte, di mostrarsi inflessibile per attirare consensi a destra. Missione riuscita, stando agli ultimi sondaggi, che vedono il VVD primo in rimonta – attorno al 17% – e il PVV staccato di tre o quattro punti. Alle loro spalle, la novità più importante oltre al crollo dei laburisti dovrebbe essere il balzo oltre il 10% dei Verdi, guidati dall’appena trentenne Jesse Klaver, che ha origini marocchine e indonesiane.
I primi exit poll saranno pubblicati alle 21 di stasera, alla chiusura dei seggi. Le prime proiezioni sono previste un’ora dopo, mentre per i risultati ufficiali bisognerà aspettare la tarda serata o addirittura le prime ore di domani mattina. Il governo infatti, per evitare interferenze di hacker sullo spoglio delle schede, ha deciso di rinunciare allo spoglio elettronico e tornare al tradizionale conteggio manuale.
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